1. Sintesi
Il Veneto ponte con la Nuova Europa
La situazione congiunturale dell'anno trascorso è il risultato di
una composizione di elementi, ora coerenti, ora contraddittori, che si
sono sovrapposti ed intrecciati e che, opportunamente riordinati, ci
hanno consentito di fornire alcune interpretazioni e letture critiche
dei fenomeni che hanno interessato la nostra regione.
Sebbene il termine congiuntura sia generalmente associato ad una sua
definizione di natura economica, è ormai consuetudine, in questo
documento, trattare anche di aspetti legati alla società, quali le
dinamiche demografiche, la qualità della vita, ovvero a tematiche
caratterizzanti il Veneto o coinvolgenti la sua complessa realtà, quale
il processo di integrazione europea che inevitabilmente condizionerà
sempre di più il nostro agire e il nostro stesso vivere in un ambito
sovranazionale. Il Veneto per la propria felice posizione territoriale,
per il carattere del proprio sviluppo socio-economico, per una naturale
propensione della stessa Amministrazione regionale, così come per le
recenti modifiche costituzionali, che vedono la Regione come
interlocutore diretto nei rapporti con l'Unione europea, può essere
considerata regione ponte tra l'Italia e l'Europa. Ora e soprattutto
con la Nuova Europa, che nasce sulle spoglie di un'area più ricca, ma
più stanca, e che tenderà a svilupparsi, anche se tra dubbi e
incertezze, in maniera più dinamica e vivace, con il tipico entusiasmo
di chi parte da una situazione di maggiore povertà e svantaggio.
Il suo sviluppo economico e sociale
Il Veneto quale ponte con la Nuova Europa, uno dei suoi caposaldi:
da una parte gli indici sociali ed economici lo avvicinano alle regioni
europee più ricche, un PIL procapite ampiamente sopra la media europea,
una elevata occupazione, maggiormente sviluppata nel senso della
flessibilità, un livello di povertà quasi sconosciuto, una società che
cambia in funzione di una evoluzione del concetto stesso di famiglia,
in una accezione che qui diventa dicotomica, presa com'è dalla tendenza
allo svilupparsi di nuove forme familiari, ma con la volontà di
mantenere comunque un legame tradizionale interno alle famiglie, si
consideri ad esempio il maggior peso assunto nel Veneto, rispetto alle
altre regioni del nord, delle famiglie con tre componenti, che
costituiscono il 23,5% del totale; una società condizionata dal
fenomeno dell'invecchiamento della popolazione accompagnato dai più
bassi tassi di fecondità; ma una società veneta che cambia in funzione
anche della presenza degli stranieri, nel 2003, rispetto al 2001, la
crescita è stata di circa il 7%, quasi il doppio di quella media
nazionale, risultando la terza regione italiana per numero di permessi
rilasciati. Considerando la giovane età della popolazione immigrata,
così come la consistente presenza di minori, anche tra la popolazione
scolastica, si può immaginare come questo possa influenzare lo sviluppo
di una nuova realtà cosmopolita, capace di invertire le attuali
tendenze sociali e demografiche.
La qualità del sistema universitario
La società veneta evolve anche nei suoi contenuti culturali, pur in
un contesto attuale di debolezza del sistema educativo italiano
rispetto al livello medio europeo: gli iscritti all'Università in
rapporto alla popolazione della fascia d'età 19-26 anni aumentano nel
Veneto in maniera costante negli anni (dal 18% del 1991/92 al 24% del
2001/02) evidenziando così una crescente attrattività dei nostri
atenei. Anche i laureati nelle facoltà del Veneto sono aumentati di
quasi l'81% nel decennio considerato, così come il turn-over ciclico
laureati/immatricolati, indicativo dell'efficacia del sistema
universitario, evidenzia un netto innalzamento del suo livello
qualitativo.
La mobilità e l'uso del mezzo privato rispetto al mezzo pubblico
Veneto quale ponte con l'Europa anche sul piano della mobilità:
caratteristico del Veneto è un continuo traffico di attraversamento che
si aggiunge alla normale mobilità regionale, molto aumentata nel Veneto
nel 2001 rispetto a dieci anni prima, il 52,3% della popolazione
residente effettua infatti degli spostamenti quotidiani per lavoro o
studio, pur se con tempi di percorrenza piuttosto brevi. Ne consegue la
sollecitazione a porre particolare attenzione a questa criticità, per
poter conciliare adeguatamente la domanda di grande viabilità con le
prioritarie esigenze della mobilità strettamente regionale. In tema di
comportamenti favorevoli alla sostenibilità, il mezzo pubblico inizia
nel Veneto a risultare maggiormente competitivo rispetto al mezzo
privato. Oltre che ad un incremento degli indici di utilizzo del mezzo
privato mediamente inferiore rispetto alla media nazionale,
relativamente alla qualità dei servizi di trasporto pubblico urbano
offerti si riscontra infatti una soddisfazione degli utenti mediamente
superiore rispetto al resto dell'Italia. Una criticità si riscontra per
quanto riguarda la considerazione del treno, per cui il livello di
soddisfazione risulta più basso rispetto agli altri mezzi.
La qualità della vita ed alcuni comportamenti che influenzano la sostenibilità ambientale
Una particolare attenzione va posta all'ambito della qualità della
vita, trattato nelle pagine che seguono, elemento messo ai primi posti
dell'agenda delle politiche di coesione europea: la sostenibilità
economica, sociale ed ambientale di un'area considerata attraverso
diversi fattori, quali affari e lavoro, ambiente, criminalità, disagio
sociale, tempo libero, servizi e tenore di vita. Nel complesso la
situazione delle province del Veneto risulta buona, prima in una
graduatoria delle province italiane si posiziona Belluno, proprio per
la sua attenzione alle problematiche ambientali.
Il filo conduttore della sostenibilità ci porta a considerare
comportamenti che hanno un'influenza diretta sull'ambiente e sul
consumo di risorse che nel Veneto confermano una tendenza dei nostri
abitanti all'uso parsimonioso delle risorse, dettato da un loro ormai
elevato livello di civiltà. Nel 2002 si registra un ulteriore
incremento della quota di rifiuti differenziati raccolti; inoltre, a
fronte di un livello di consumi di energia elettrica pro capite sempre
superiore all'Italia dal 1997 al 2002, situazione data dal maggiore
sviluppo dei settori industriale e terziario, si registra un consumo
pro capite del settore domestico sempre inferiore rispetto al dato
nazionale.
Le criticità nella situazione economica internazionale
Il Veneto quale ponte con la Nuova Europa, vicino alla sua forza, ma
condizionato dalle sue debolezze, e in prima linea rispetto alle
criticità che si trova a dover affrontare.
Difficile la situazione politica ed economica di questi ultimi mesi,
le persistenti tensioni geopolitiche, la difficoltà ad uscire da una
situazione di crisi generalizzata, le inevitabili conseguenze su tutto
il sistema economico produttivo oltrechè sociale continuano a
condizionare l'andamento dei fenomeni da noi annualmente monitorati.
L'economia Usa mostra comunque segnali sempre più evidenti di
accelerazione, è aumentato il peso dell'Asia nell'economia mondiale e
il calo del dollaro rispetto all'euro condiziona l'intero panorama
economico, così come l'eccessivo aumento del prezzo del petrolio. Per
il Vecchio Continente le ricadute del dollaro debole sono state
pesanti. L'apporto all'incremento dell'interscambio dell'Europa
occidentale, da tempo la regione più attiva nel sistema commerciale
internazionale, è rimasto molto basso.
L'Europa continua quindi in un cammino stentato. Il 2003 è stato il
3° anno consecutivo di rallentamento del ritmo di crescita dell'area
EURO. Secondo le stime preliminari di Eurostat, la crescita dell'area
euro nel 2003 è stata pari allo 0,4%, inferiore a quella USA,
performance che riflette la debolezza delle principali economie
dell'area, Francia, Germania e Italia. L'Uem si conferma fortemente
dipendente dal contesto internazionale ma la Commissione europea
continua a scommettere su una ripresa nel corso dell'anno. La forza
della crescita nelle altre aree mondiali finirà per trascinare anche
l'Europa e l'Italia.
Il Pil del Veneto e l'andamento settoriale
Il Veneto, in questo contesto, ha mantenuto comunque una quota
consistente nella produzione del PIL nazionale (9,1%), risultando la
terza regione nella graduatoria regionale della produzione di ricchezza
nazionale, dopo la Lombardia (20,3%) ed il Lazio (10%), ma per la sua
particolare propensione all'apertura internazionale, è stato
condizionato negli ultimi due anni dalla congiuntura sfavorevole: per
il 2003 si stima una crescita del PIL pari a un +0,3%, mentre nel 2002
si è avuta una riduzione dello 0,6%.
Nel dettaglio dei diversi comparti economici, nel biennio 2002/01 il
valore aggiunto veneto in agricoltura, dopo la lieve ripresa dell'anno
precedente, è calato del 2,9%; nell'industria la riduzione è stata del
1,1%, mentre nei servizi si è registrato un aumento dello 0,7%.
All'interno del settore industria che ha prodotto nel 2002 il 34,8% del
valore aggiunto totale, si evidenzia il malessere dell'industria in
senso stretto (-1,8%) che continua la flessione dal 2000, compensata in
parte dallo sviluppo nelle costruzioni (+2,3% nel 2002). I servizi nel
corso del 2002 hanno accresciuto la quota sul valore aggiunto totale
dello 0,8%, incidendo per il 61,9% sul totale e all'interno del
comparto è stata degna di rilievo l'espansione del settore
dell'intermediazione monetaria e finanziaria; attività immobiliari e
imprenditoriali (+1,3%) così come il residuo del settore dei servizi
(+1,3%), mentre la stabilità del commercio (+0%) rappresenta un
risultato migliore rispetto a quanto avviene a livello nazionale.
Nel 2003 si stima una crescita del valore aggiunto nel settore
servizi (+1%), il perdurare della contrazione nell'industria (-1,1%) e
una recessione per l'agricoltura (- 7%). Per il 2004 si prevede una
leggera ripresa per tutti i comparti, ad eccezione dell'agricoltura.
Il reddito disponibile e i consumi delle famiglie
La limitata crescita del PIL ha influenzato negativamente anche
l'espansione del reddito disponibile delle famiglie, la cui variazione
2003/02 si è limitata ad un + 0,6% a livello nazionale e un +0,9% a
livello regionale. La sua consistenza è comunque superiore del 6,9%
rispetto alla media nazionale e ne rappresenta l'8,4%; calcolato per
abitante è pari a 16,9 mila euro nel 2003. Ciò significa che
mensilmente la disponibilità di reddito pro capite familiare destinato
ai consumi finali ed al risparmio pro-capite è stimato circa 1.408 euro.
La debole crescita del reddito disponibile ha fatto sentire il suo
effetto sui consumi familiari che sono di conseguenza diminuiti. La
debolezza dei consumi viene confermata dal calo della spesa media
mensile familiare rilevata dall'indagine sui consumi condotta
dall'Istat, di quasi 200 euro rispetto all'anno precedente registrando
una variazione, a valori correnti, di 7,4%, ma a valori reali pari a
9,9%. L'andamento per categoria di consumo evidenzia un comportamento
tipico delle fasi di stagnazione: viene diminuita la spesa per i generi
non alimentari di circa 205 euro (-8,9%, in termini correnti), a fronte
di un aumento verso gli alimentari e le bevande di 6,4 euro mensile
(+1,6%), che in realtà corrisponde ad un calo di quantità consumate se
si considera l'effetto dell'inflazione.
Gli investimenti
Dopo anni di espansione, nel 2003 a livello nazionale gli
investimenti sono calati del 2,1% con una tendenza contraria a quanto è
accaduto nella maggior parte dei paesi UEM. Alla flessione maggiore
nella componente dei macchinari, attrezzature e mezzi di trasporto si è
accompagnata la debolezza degli investimenti in costruzioni.
Probabilmente la dinamica degli investimenti è stata condizionata da
tre fattori: la scadenza degli incentivi fiscali che ha fatto
anticipare alla fine del 2002 parte dei piani di spesa delle imprese,
la presenza di capacità degli impianti inutilizzata e l'arresto della
tendenza al miglioramento delle aspettative di domanda verso la fine
del 2003. Per il 2004 si prevede un effetto di trascinamento di questi
fattori, ampiamente compensato però dal nuovo ciclo espansivo alla base
della ripresa prospettata per l'economia nazionale che dovrebbe
tradursi in un aumento dell'1% degli investimenti. Per il Veneto, nel
2003, si stima la caduta degli investimenti (-2,2%), già registrata a
livello nazionale, per poi assistere ad un'inversione di tendenza nel
2004 quando si prevede una crescita del +1,2%, più consistente rispetto
alla media nazionale e dovuta essenzialmente all'incremento dei
macchinari e impianti (+1,4%), rispetto alle costruzioni (+1,0%).
La dinamica della produttività
Consideriamo ora alcuni aspetti della produttività totale dei
fattori che riflette un insieme vasto di fenomeni non direttamente
misurabili, quali le innovazioni introdotte nel processo produttivo, i
miglioramenti nell'organizzazione del lavoro e nelle tecniche
manageriali, i miglioramenti nell'esperienza ed il livello di
istruzione raggiunto nella forza lavoro, i mutamenti nella composizione
dei beni capitali utilizzati, nonché miglioramenti nella loro qualità,
economie di scala, esternalità, riallocazione dei fattori verso
utilizzi più produttivi. La scarsa dinamicità della produttività appare
il principale responsabile del rallentamento del tasso di crescita
registrato dall'economia italiana a partire dalla seconda metà degli
anni novanta, dovuto peraltro alla forte crescita dell'occupazione a
tempo parziale, come al contenuto prettamente labour intensive di
un'economia maggiormente terziarizzata. In un arco temporale di lungo
periodo (1997- 2002) il tasso di crescita annuale della produttività è
molto più elevato negli USA rispetto a quello di UEM, Italia, come in
Veneto. A fronte di tassi di crescita della ricchezza pro capite
simili, in Veneto, come in Italia, si assiste ad uno sviluppo
dell'occupazione che non viene accompagnato da tassi altrettanto
elevati di crescita della produttività. A sua volta il mancato aumento
della produttività incide sull'incremento del costo del lavoro e ciò
non fa che aumentare il divario rispetto agli Stati Uniti e ad altri
paesi europei. Ciò dimostra ulteriormente, come si è già evidenziato
nel Programma regionale di sviluppo, che la nostra regione, ormai a
crescita avanzata, necessita di essere reindirizzata verso un sistema
economico capace di rinnovarsi attraverso nuovi contenuti tecnologici
ovvero attraverso un innalzamento dei livelli di istruzione e altre
attività di formazione della forza lavoro.
La qualità del capitale umano
Il Veneto, nel contesto nazionale, assume un ruolo di primo piano
per formazione professionale, risultando la regione più attiva d'Italia
avendo assorbito nel 2000/01 circa l' 11% di tutti gli utenti che hanno
usufruito dell' offerta formativa, inoltre la composizione delle forze
di lavoro per titolo di studio conferma un innalzamento del livello
d'istruzione nel mercato del lavoro, infatti il tasso di attività più
elevato si registra per coloro che possiedono un'istruzione
universitaria. Ad ulteriore conferma di tale affermazione, secondo
un'analisi comparativa realizzata dall'Istituto Bak International
Benchmark Club sulla capacità innovativa della regioni, nel Veneto tra
gli anni 1995 e 2001, il livello di formazione del capitale umano,
misurato attraverso la quota di risorse umane con titolo di studio
universitario, è aumentato in maniera più consistente rispetto
all'Italia.
La spesa in R&S
Il quadro della spesa per R&S, considerato uno dei principali
target delle politiche comunitarie, in Italia si inquadra nell'ambito
di una generale debolezza del sistema europeo. L'Italia ha una quota di
spesa pari a poco più dell'1% del Pil, appena la metà della media Ue, e
un terzo del livello fissato come obiettivo dall'Unione. Il livello di
sviluppo raggiunto nel Veneto sconta questo ritardo, ma i dati
evidenziano una situazione densa di elementi di sviluppo per gli anni
successivi. Il periodo tra il 1998 ed il 2001 mostra una crescita
generale degli investimenti a livello europeo, nazionale nonché anche
nel Veneto che emerge con una variazione più che positiva, 35,5% contro
il 22,5 ed il 18,6 rispettivamente dell'UE15 e dell'Italia. Tale trend
è confermato anche analizzando la variazione dell'incidenza della spesa
nel settore R&S in rapporto al PIL, il Veneto si attesta ancora in
vetta alla graduatoria con il 19,6% di variazione positiva, contro
l'incremento del 5,6% registrato per l'UE15 e il 4,3% dell'Italia.
E' da dire che l'attività di R&S tende a concentrarsi laddove la
sua produzione è più efficiente per motivi tecnologici, ovvero dove vi
sono più risorse necessarie per l'attività di innovazione. Il paese con
il più elevato grado di sviluppo può essere quello che più
probabilmente ha un settore R&S più sviluppato e tende a trasferire
all'estero la produzione di beni finali. E' da rilevare che nel Veneto
la quota di macchinari, quindi i cosiddetti beni strumentali, sul
valore totale dell'export, è sostanzialmente aumentata passando dal
20,6% del 1993 al 22,4% del 2003, allineandosi con il valore nazionale
che nel 2003 si è portato al 22,3%, partendo invece da una situazione
più favorevole (23,5%). Ciò denota una evoluzione della filiera del
distretto veneto da produttore di beni finali a produttore di beni
strumentali.
Le imprese e le forme dell'internazionalizzazione
In un contesto economico non facile gli ultimi dati del 2003
riguardanti la dinamica delle imprese indicano che il Veneto conferma
la seconda posizione nella graduatoria delle imprese attive italiane,
secondo solo alla Lombardia, con una quota nazionale del 9%. Il numero
di imprese attive del Veneto è rimasto complessivamente stabile (+0,2%
rispetto al 2002), mentre a livello nazionale la crescita è stata del
+0,9%.
Nonostante il contesto di imprese di piccola dimensione,
maggiormente esposte all'andamento congiunturale, nel 2003 la natalità
delle imprese venete è risultata vivace in maniera analoga alla
situazione nazionale. Il tasso di mortalità imprenditoriale del Veneto
è lievemente diminuito rispetto a quello dell'anno scorso e
complessivamente il saldo realizzato nel 2003 è pari al +0,6% in linea
con quello dell'anno precedente (+0,4%). Osservando i dati sotto il
profilo della forma giuridica si evidenzia un livello di crescita più
elevato per le società di capitali (+5,4% rispetto al 2002) e una
leggera diminuzione delle imprese individuali (-1%), anche se queste
ultime rimangono la tipologia di impresa più diffusa. Tale
configurazione imprenditoriale si intreccia con le informazioni
relative alle forme di internazionalizzazione assunta dalle imprese
venete, che evidenzia un passaggio da un tipo di delocalizzazione
mirata al contenimento dei costi ad un processo di delocalizzazione
strategico, dove l'obiettivo è quello di presidiare nuovi mercati,
nuove vie di sbocco, ricercare un nuovo posizionamento nella divisione
internazionale del lavoro.
Il Veneto caposaldo della Nuova Europa
Consideriamo ora il Veneto nella sua accezione di caposaldo della Nuova Europa.
Numerose sono le considerazioni che si sono avvicendate
sull'argomento in questi ultimi mesi, l'allargamento, visto in maniera
positiva dal punto di vista strategico e istituzionale, per ciò che
riguarda le opportunità di tipo economico è oggetto di opinioni
discordanti tra i paesi membri. Per dare modo a tutti i soggetti
interessati di orientarsi nella realtà economica, finanziaria e
politica di Paesi oggi più vicini ma ancora molto conosciuti, si è
analizzata la loro situazione socio-economica, raffrontata al Veneto,
alla Vecchia ed alla Nuova Europea.
L'allargamento non produce in realtà grosse differenze in termini di
equilibri demografici. Considerando invece il livello d'istruzione,
quale importante indicatore della dotazione di capitale umano di un
paese, dall'adesione dei nuovi stati potrà venire un apporto di
rilievo. Infatti, risulta che in questi paesi, i livelli di popolazione
con almeno il diploma di istruzione superiore sono in media più elevati
(81%) a quelli dell'Ue15 (64,6%). Risulta inoltre che gli Ue25 si
confrontano con successo con molte economie dell'Ue per quanto attiene
alla formazione tecnico-scientifica, elemento che indurrà certamente
effetti positivi sulla competitività complessiva di queste aree. I
nuovi Paesi sono per ora poveri, con un Pil pro capite che è la metà
della media comunitaria e ,almeno in questa fase iniziale, non
graveranno molto sul bilancio dell'Unione. La convergenza avrà in
definitiva tempi molto dilatati e grazie alle nuove dinamiche
socioeconomiche come alla presenza di aree di snodo quali il Veneto il
processo potrà essere reso più agevole ed efficace.
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