Capitolo 8

L'emarginazione abitativa
Ampio spazio per il social housing

Il 2010 è stato l'anno europeo della "lotta alla povertà e all'esclusione sociale", tema che la Commissione europea ha deciso di mantenere tra le priorità delle politiche comunitarie. La strategia Europa 2020, infatti, fissa l'obiettivo di ridurre di almeno 20 milioni il numero di persone a rischio di povertà o esclusione sociale entro il 2020 e dà nuovo impulso alla lotta contro tutte le forme di povertà, compresa quella abitativa.
Tra le varie indicazioni, viene ribadita e riconosciuta l'importanza delle politiche abitative nella lotta contro l'esclusione sociale. Nella comunicazione del 16 dicembre 2010 della Commissione europea "La piattaforma europea contro la povertà e l'esclusione sociale: un quadro europeo per la coesione sociale e territoriale" si legge: "Attualmente, la mancanza di un alloggio e il disagio abitativo sono forse gli esempi più estremi di povertà e di esclusione sociale nella società. Sebbene l'accesso a un alloggio a costi contenuti sia un'esigenza e un diritto fondamentale, la garanzia di questo diritto costituisce ancora una sfida impegnativa in alcuni Stati membri. La ricerca di risposte appropriate e integrate sia per prevenire che per risolvere il problema della mancanza di una casa deve rimanere un elemento importante della strategia di inclusione sociale dell'UE".
Già in alcuni capitoli precedenti si è prestata attenzione alle situazioni di particolari difficoltà abitative, in termini di deficienze strutturali e spaziali o di sostenibilità economica dell'alloggio, nel seguito si intende delineare un quadro più organico e approfondito sul disagio abitativo nelle sue varie forme, più o meno gravi: chi ha una casa ma è inadatta a un vivere sano e sicuro, chi rischia di perdere l'alloggio in cui abita, chi vive in strada o in sistemazioni di fortuna, senza una dimora.
Inoltre, poiché il disagio abitativo rientra nel contesto più ampio di povertà ed esclusione sociale, a questo si preferisce fare riferimento, prendendo in esame le considerazioni e le definizioni adottate a livello europeo, prima di entrare nello specifico dell'emarginazione abitativa.
 
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8.1 - I bisogni dell'uomo e la deprivazione materiale

La qualità della vita è un fenomeno complesso e multidimensionale, che riguarda diversi ambiti di benessere: si riferisce alla soddisfazione dei bisogni fisici ma anche di quelli socio-culturali; inoltre, in una società avanzata accanto alle esigenze di base, che garantiscono una vita dignitosa, acquistano valore anche bisogni di livello superiore. Proteggersi dalle intemperie, dalla fame e dalle malattie sono da sempre bisogni vitali per l'uomo, ma non solo, primario è anche non provare paura rispetto alla violenza fisica, psicologica, materiale, che può essere inferta o non sentirsi sopraffare dall'incertezza per il futuro, dalla preoccupazione di non riuscire a vivere almeno secondo livelli di vita minimi con una previdenza e un'assistenza adeguata. E non è finita, difendersi dall'affaticamento e dall'ignoranza sono altrettanto bisogni fondamentali, nonché diritti che vanno garantiti; non godere di tempo libero di qualità e di istruzione e formazione adeguate limita la libertà della persona e può innescare meccanismi di esclusione e isolamento.
In quest'ottica si pone la decisione dell'UE di misurare l'obiettivo di ridurre la povertà e l'esclusione sociale previsto dalla strategia Europa 2020 mediante tre indicatori: il rischio di povertà, inteso come la quota di popolazione che non dispone di reddito sufficiente, l'indice di grave deprivazione materiale che fa riferimento all'impossibilità di accedere a certi beni e servizi considerati comuni e ordinari o percepiti come necessari per gli standard della società in cui si vive, e la percentuale di persone che appartengono a famiglie con un'intensità di lavoro molto bassa o senza lavoro ("very low work intensity") (Nota 1).
Tale impostazione riflette, infatti, la molteplicità di fattori alla base della povertà e dell'esclusione sociale, considerando varie dimensioni della qualità della vita e comprendendo, oltre la mancanza di reddito e di risorse materiali sufficienti a vivere dignitosamente, anche forme di esclusione non necessariamente legate al reddito, come l'incapacità di accedere a servizi di base o la precarietà lavorativa.
L'indice di deprivazione adottato da Eurostat prende in esame 9 aspetti: non potersi permettere un pasto a base di carne o proteine regolarmente, una vacanza di almeno una settimana fuori casa durante l'anno, di pagare le bollette, l'affitto o il mutuo, di riscaldare adeguatamente la propria casa, di affrontare spese impreviste e di avere certi beni durevoli, come telefono, televisore, lavatrice e automobile. Si considera in stato di deprivazione materiale chi vive in una famiglia che non può permettersi almeno tre tra i beni e servizi sopra descritti e si definisce grave la situazione in cui sono quattro o più le mancanze.
Si tratta quindi di misure di tipo non monetario che si concentrano sugli effetti, sulle condizioni finali di vita delle persone piuttosto che sulla potenziale soddisfazione di questi bisogni, ossia sulla mancanza di risorse per ottenere un certo benessere. Rispetto a quanto già fornito dalle più tradizionali misure sulla povertà basate sul reddito, la nuova impostazione ha il merito di aggiungere importanti informazioni anche perché la deprivazione materiale può essere intesa come l'output della povertà in termini monetari quando questa persiste nel tempo. I due tipi di misure esprimono concetti differenti, ma che si completano e che possono essere usati congiuntamente per analizzare differenti aspetti delle condizioni di vita degli individui e delle famiglie.
L'indicatore Eurostat fino a qua elaborato non considera per il momento tutte le dimensioni della vita, tralasciandone alcune molto importanti, come ad esempio l'istruzione.
Nello schema seguente si è cercato di ricondurre le 9 deprivazioni adottate da Eurostat alle aree dei bisogni della qualità di vita sopraccitati. Va notato che non sempre il rapporto tra tipo di necessità e voce dell'indice è 1 a 1. Ad esempio, poter pagare le bollette per le utenze domestiche, l'affitto e il mutuo riguarda in modo generico l'intera area dei bisogni fisici: è vero che per lo più si riferisce alla casa, quindi si può far rientrare nel bisogno di difendersi dalle intemperie, ma si può associare anche agli altri bisogni di sopravvivenza come difendersi dalla fame e difendersi dalle malattie. Se si pensa all'acqua, essa è alla base della nostra nutrizione ma è fondamentale anche per mantenere buone condizioni igieniche, evitando eventuali effetti negativi sullo stato di salute e sul benessere fisico della persona. Allo stesso modo riuscire a mantenere la casa adeguatamente calda non soddisfa solo il bisogno di difendersi dalle intemperie, ma anche quello di prevenire malattie. Mentre poter mangiare regolarmente cibi proteici oltre a riferirsi all'esigenza di sfamarsi consente di restare in buona salute.
All'interno di ciascuna area ci sono bisogni considerati primari perché legati alla sopravvivenza e bisogni di livello superiore, che possono anche essere diversi in base alla società in cui si vive e ai livelli di vita mediamente raggiunti. Ad esempio possedere certi beni durevoli, come lavatrice e lavastoviglie, non necessari alla sopravvivenza ma considerati ormai importanti e quasi indispensabili per il vivere quotidiano secondo certi standard riconosciuti come normali, può rientrare tra i bisogni di livello superiore.
Potersi permettere una vacanza di almeno una settimana in un anno aiuta a rigenerarsi e a liberarsi della fatica, mentre poter affrontare spese impreviste fa riferimento alla capacità di risparmiare, come garanzia e tranquillità per il futuro. (Figura 8.1.1)
Meno rinunce in Veneto
Per l'interesse della presente monografia, tra i tre indicatori adottati da Eurostat per misurare la povertà e l'esclusione sociale si fa riferimento all'indice di deprivazione materiale, poiché comprende alcune voci legate al disagio abitativo (riuscire a pagare le bollette, l'affitto o il mutuo, riscaldare adeguatamente la casa). Solo di recente Eurostat ha sviluppato un concetto autonomo di deprivazione abitativa attraverso la costruzione di un indicatore specifico, ma che al momento non rientra tra quelli considerati per la misurazione dell'obiettivo legato alla riduzione della povertà.
L'indice di deprivazione materiale fa emergere le differenze di condizioni di vita tra gli Stati membri dell'Unione Europa: se nel Nord Europa si presentano alti livelli qualitativi, con stili adeguati e al passo con la società attuale, registrando tassi di deprivazione materiale al di sotto dell'11%, nei Paesi dell'Est sono molte le persone che conducono una vita al di sotto degli standard. Prima fra tutte la Bulgaria dove nel 2009 oltre la metà della popolazione si trova in condizione di deprivazione materiale e per il 42% la situazione è grave. Segue la Romania con un tasso pari al 49,3%. Viceversa, le migliori performance si rilevano a Lussemburgo, in Svezia e nei Paesi Bassi dove il 95% circa della popolazione ha un tenore di vita molto buono. L'Italia si colloca in una posizione intermedia, con una quota di persone in stato di deprivazione del 15,6%, valore un po' inferiore alla media europea pari al 17,1%. (Figura 8.1.2)
In Italia sono soprattutto le regioni del Sud e delle Isole a soffrire: in particolare, oltre un terzo dei siciliani non vive adeguatamente secondo gli standard comuni della società attuale; segue, sebbene con distacco, la Campania con un quarto della popolazione nella medesima condizione. Poche, invece, le rinunce per i veneti che, nella graduatoria regionale per i livelli minori di deprivazione materiale, si posizionano al quarto posto con un tasso dell'8,3% e meno del 4% è la quota di persone che si trova in grave difficoltà.
Ancora più favorevoli le condizioni di chi vive in Valle d'Aosta e Trentino Alto Adige, dove l'indicatore è, rispettivamente, pari al 3,8% e al 5,5%.
Anche se relativamente più positiva di altre aree, la situazione del Veneto, con 400.000 persone in stato di deprivazione, di cui 200.000 di grave deprivazione, va considerata tra le criticità di cui farsi carico attraverso l'azione pubblica. (Figura 8.1.3)

Figura 8.1.1

Bisogni fisici e socio-culturali

Figura 8.1.2

Percentuale di persone in condizione di deprivazione materiale (T). UE27 - Anno 2009

Figura 8.1.3

Percentuale di persone in condizione di deprivazione materiale per regione. Italia - Anno 2009
 
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8.2 - La povertà abitativa

Ma nel parlare di disagio economico, di vita soddisfacente e dignitosa, e quindi di qualità della vita, non si può ignorare di considerare la dimensione della casa.
Avere una casa è fondamentale per il raggiungimento del benessere di una persona: ciascuno di noi ha infatti bisogno di un proprio spazio che lo faccia sentire protetto e libero di esprimere la propria identità; è il luogo in cui si riunisce la famiglia e in cui l'individuo cresce.
Si tratta di un bene primario che deve essere tutelato in modo adeguato e concreto, da cui dipende anche l'integrazione sociale. La casa è un edificio attrezzato per le esigenze della vita quotidiana, focolare domestico, centro delle relazioni affettive, nonché dimora nel contesto della comunità locale in cui è ubicata.
Non tutti però riescono a trovare una soluzione abitativa soddisfacente a un prezzo accessibile, anzi negli anni va allargandosi l'area della povertà abitativa, un fenomeno dai contorni poco definiti, un insieme di situazioni molto eterogenee, soprattutto per intensità e tipo di disagio sofferto.
Tra i più significativi tentativi definitori del concetto di povertà abitativa presenti in letteratura, vi è quello della Federazione Europea delle Organizzazioni Nazionali che Lavorano con i Senza Dimora (FEANTSA) che include sia le persone senza tetto, sia quelle prive di una casa che vengono però ospitate in sistemazioni di tipo istituzionale e sia le persone che vivono in abitazioni insicure e inadeguate; categorie diverse, ma tutte stanno a indicare l'assenza di una vera abitazione. Tale classificazione è denominata ETHOS, acronimo per "Tipologia europea sulla condizione dei senza dimora e sull'esclusione abitativa", e vuole rappresentare un compromesso fra i diversi approcci nazionali (Allegato 1) .
Secondo ETHOS vengono identificati tre domini che vanno a costituire l'abitare, in assenza dei quali si delinea una delle condizioni di disagio prima indicate, si identifica un problema abitativo importante fino ad arrivare all'esclusione abitativa totale, vissuta dalle persone senza fissa dimora. La condizione di piena abitabilità è soddisfatta solo in presenza di alcune caratteristiche: se si ha uno spazio abitativo adeguato sul quale si possa esercitare un diritto di esclusività (area fisica), se all'interno di quello spazio si ha la possibilità di mantenere relazioni soddisfacenti e riservate (area sociale) e se si è in possesso di un titolo legale riconosciuto che ne permetta il pieno godimento (area giuridica).
La deprivazione abitativa secondo Eurostat
Cercando di seguire l'approccio concettuale incluso nella classificazione ETHOS (Nota 2), Eurostat definisce un indicatore che misura la deprivazione abitativa, servendosi dei dati rilevati tramite l'indagine EU-SILC sul reddito e le condizioni di vita delle famiglie.
Secondo la definizione, si trovano in grave deprivazione abitativa le persone che oltre a vivere in abitazioni sovraffollate (Nota 3) presentano almeno uno dei quattro problemi: la mancanza di un gabinetto interno, la mancanza di una doccia o vasca, la presenza di finestre, porte, tetti, pavimenti danneggiati o di umidità e problemi di scarsa luminosità nella casa.
Nello schema seguente si mappano le deprivazioni individuate da Eurostat nei domini concettuali alla base della definizione ETHOS. Rimane escluso il dominio "legale" che si riferisce a chi occupa una casa senza averne un diritto riconosciuto (occupazione senza titolo, affitti "in nero" o senza garanzia di rinnovo dopo la scadenza), perché questo ambito non viene adeguatamente indagato tramite l'indagine EU-SILC. (Figura 8.2.1)
Nel nostro Paese la percentuale di persone che soffrono di grave deprivazione abitativa nel 2009 è pari al 7,4% contro il dato medio europeo del 5,9%. Le abitazioni in Italia dispongono ormai quasi tutte di gabinetto interno e di una vasca o di una doccia, non così scontati in tutti i Paesi europei, mentre registrano problemi maggiori per la presenza di umidità o per alcune carenze strutturali, ma anche per spazio insufficiente. (Tabella 8.2.1)
Rispetto alla media nazionale, la situazione del Veneto risulta migliore e la condizione di grave deprivazione abitativa interessa una quota minore di popolazione, il 6,2% (circa 300.000 persone), in aumento però rispetto all'anno precedente (5,9%).
Ancora una volta sono le regioni meridionali a mostrare le maggiori difficoltà, in particolare la Basilicata con oltre il 12% di persone che vivono in condizioni di grave precarietà abitativa, mentre la più alta qualità nelle abitazioni si registra in Umbria, Lombardia e Liguria.
Oltre alla diffusione del problema, diversa è anche la sua intensità, come risulta dall'esame del numero medio di carenze abitative sofferto dalle famiglie nelle varie regioni. In Campania, ad esempio, l'11% delle popolazione vive in stato di grave deprivazione abitativa e quasi il 5% perché presenta tre o più carenze, ossia le situazioni più svantaggiate tra quelle già gravi. Nelle regioni del Nord quest'area di estremo disagio si riduce notevolmente e nel Veneto interessa l'1% degli individui (quasi 5.000 persone). (Figura 8.2.2)
Nel confronto europeo emerge che i Paesi con maggiore precarietà abitativa sono quelli dell'Est: colpisce il dato della Romania dove la quota di persone che vive in condizione di grave deprivazione è ben il 28,6%, segue la Lettonia con il 22,7%. Viceversa, ben dieci Stati su ventisette riportano un alto livello di qualità abitativa registrando un tasso inferiore al 2%, di cui tre Paesi con un valore al di sotto dell'1% (Cipro, Paesi Bassi e Finlandia). (Figura 8.2.3)
Ma chi sono le persone costrette a vivere un tale disagio? Sono soprattutto giovani, persone con un titolo di studio basso, di ambo i sessi, anche se tra gli uomini la quota è leggermente più alta; vivono per lo più in affitto e in abitazioni abbastanza datate, costruite prima del 1960. In particolare, si tratta di coppie con figli a carico e famiglie formate da un solo genitore con figli.
Tra chi è a rischio di povertà la percentuale sale al 12,6% per il Veneto e al 15% per l'Italia, mentre tra chi vive già in condizione di deprivazione materiale oltre il 18% alloggia in case con gravi carenze.
Nel confronto europeo emerge soprattutto il maggior svantaggio che colpisce le famiglie con figli minori, vista la più alta quota di persone in stato di grave deprivazione abitativa tra chi è minorenne, e soprattutto le famiglie in affitto. (Tabella 8.2.2)
La vulnerabilità abitativa: essere sfrattati
Non si può tralasciare, poi, la condizione di chi vive sotto minaccia di sfratto, una situazione di estrema vulnerabilità, poiché ha serie ripercussioni sul percorso di vita e sui progetti futuri di una persona e di una famiglia. Lo sfratto recide il rapporto con l'ambiente abitativo e comporta una serie di cambiamenti che non sempre gli individui o le famiglie sono pronti a vivere. Si rischia in questo modo di subire un peggioramento delle condizioni di vita e di ricadere nelle fasce più basse del disagio abitativo se non si hanno strumenti di supporto e di orientamento adeguati. La presenza di soggetti deboli nel nucleo familiare o di condizioni economiche precarie, unita a un'offerta non conforme alla domanda, trasforma lo sfratto in un evento fortemente impattante, che disorienta e disarma la famiglia, al punto che spesso l'unica soluzione a disposizione è il rifiuto a lasciare l'alloggio in cui vive, contravvenendo alle disposizioni di legge.
Negli ultimi anni i prezzi degli affitti sono cresciuti in maniera considerevole nel nostro Paese, soprattutto nelle grandi aree urbane, se a ciò si aggiungono le difficoltà determinate dalla crisi, è evidente che il costo dell'affitto viene a incidere sempre più nel bilancio familiare ed è quindi facile prevedere anche un aumento degli sfratti per morosità.
Nel 2010 i provvedimenti esecutivi di sfratto in Italia sono 65.489, il 6,5% in più dell'anno precedente, di cui quasi il 48% nei soli comuni capoluogo di provincia; ben l'85,7% dei casi sono per morosità o altra causa, in aumento rispetto al 2009 del 9%, il 12,9% per finita locazione e l'1,3% per necessità del locatore.
Nel contempo le richieste di esecuzione presentate all'Ufficiale Giudiziario sono 110.048 e gli sfratti eseguiti 29.825, rispettivamente il 5,6% in meno e l'8,1% in più dei dati registrati nell'anno precedente.
Nel Veneto la situazione non è delle più rosee: rispetto all'anno prima, nel 2010 i provvedimenti di sfratto aumentano del 15,2%, arrivando a oltre 4.800 unità, di cui il 93% per morosità o altra causa e il rimanente per finita locazione; in crescita anche le richieste di esecuzione (del 13%) e gli sfratti eseguiti (del 29%).
Più in dettaglio, nel corso di un decennio le difficoltà per le famiglie che vivono in affitto sono aumentate in maniera considerevole: si pensi che gli sfratti eseguiti passano da meno di 700 nel 2001 a oltre 2.100 nel 2010 e che nello stesso periodo le richieste quasi si quadruplicano (1.037 nel 2001, 4.055 nel 2010). (Figura 8.2.4)
Il peggioramento della situazione è più evidente se si considera il rapporto tra i provvedimenti di sfratto emessi e il numero delle famiglie residenti: in Italia si passa da uno sfratto ogni 539 famiglie nel 2001 a uno sfratto ogni 380 famiglie nel 2010, mentre in Veneto da uno ogni 681 a uno ogni 413.
Le regioni che nell'ultimo anno presentano le situazioni di maggior disagio sono l'Emilia Romagna (un provvedimento di sfratto ogni 275 famiglie), la Lombardia (306) e il Lazio (308), mentre la Basilicata si distingue per la minor minaccia di sfratto: si registra, infatti, solo un provvedimento di rilascio ogni 2.859 famiglie.
Anche tra le province della nostra regione vi è una certa variabilità e si osservano condizioni diverse di disagio: se a Belluno a soffrirne sono una famiglia ogni 1.472, a Rovigo, Vicenza e Verona sono quattro volte tanto (uno sfratto ogni 300 famiglie). (Figura 8.2.5)
Non avere una casa
Nell'ambito del processo di inclusione sociale appare come prioritario il problema dei senzatetto, allarme che trova enfasi soprattutto nei mesi invernali. La condizione di senzatetto è una grave ingiustizia e un'inaccettabile violazione della dignità umana, perchè l'applicazione del diritto all'alloggio è fondamentale per godere di molti altri diritti, compresi quelli politici e sociali. Vivendo la condizione di senza dimora è quasi impossibile realizzare le proprie potenzialità, ossia essere un membro attivo della società, oppure avere un lavoro o crescere dei figli.
Il Parlamento Europeo, vista l'urgenza del problema presente in tutti i Paesi dell'UE e ulteriormente aggravatosi con l'espansione delle dinamiche migratorie ma anche a seguito della crisi economica, con risoluzione del 14 settembre 2011 esorta gli Stati membri a confrontarsi e adoperarsi per conseguire l'obiettivo di risolvere il problema dei senzatetto entro il 2015, anche promuovendo un uso maggiore e più efficace dei fondi dell'UE, a sostegno dell'inclusione sociale e quindi anche per gli alloggi da destinare ai gruppi emarginati.
Nella risoluzione del Parlamento si riprendono alcuni elementi chiave della strategia per i senzatetto proposti nel rapporto congiunto della Commissione e del Consiglio sulla protezione e l'inclusione sociale 2010, tra cui:
  • la prevenzione, innanzitutto, come metodo più efficace, sotto il profilo dei costi, per combattere il problema dei senzatetto; in particolare si evidenzia la necessità di evitare gli sfratti e di ridurre al minimo i casi di chi lascia gli istituti senza avere un posto in cui alloggiare;
  • ridurre la durata della condizione di senzatetto;
  • indirizzare le misure ai casi più gravi;
  • migliorare la qualità dei servizi destinati ai senzatetto, anche in termini di accessibilità a prescindere dalla condizione giuridica e dalla cittadinanza;
  • mettere a disposizione alloggi a un prezzo accessibile;
  • offrire alle persone una soluzione abitativa solida come priorità, evitando il ricorso ad alloggi temporanei o d'emergenza;
  • vista la natura pluridimensionale del problema, adottare necessariamente un approccio articolato e integrato, che includa tutti i settore strategici pertinenti (gli alloggi, gli affari sociali, la salute, l'occupazione...).
In questo ambito la carenza di politiche organiche e strutturate, non meramente emergenziali, si accompagna alla mancanza di una conoscenza adeguata del problema dei senzatetto, specie da un punto di vista quantitativo, anche per la difficoltà di misurare e monitorare il fenomeno. I dati in merito sono infatti estremamente limitati a livello internazionale e anche in Italia. Solo di recente si è conclusa la ricerca "Dai un nome agli invisibili", uno studio sulla grave emarginazione promosso da Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Caritas, Istat e Fiopsd (Federazione italiana organismi per le persone senza dimora), con l'obiettivo di definire un quadro approfondito sul fenomeno delle persone senza dimora sul territorio nazionale, capire chi sono e quali sono i processi di vita che conducono a una così grave condizione di emarginazione, oltre che censire l'insieme dei servizi offerti.
Lo studio vuole essere un'opportunità per riportare attenzione e consapevolezza sul problema e per coinvolgere e rendere più responsabili i decisori politici, ad ogni livello istituzionale, venendo a colmare un vuoto informativo di oltre 10 anni. Gli ultimi dati ufficiali sugli homeless italiani, infatti, risalgono al 1999, quando la Fondazione Zancan di Padova, su richiesta della Commissione d'indagine sull'esclusione sociale, contò 17 mila senzatetto. In questi anni il numero è certamente cresciuto, secondo quanto dicono le associazioni, si stima che i senza dimora in Italia possano essere 50-60 mila. Non è detto però che questa impressione corrisponda alla realtà; la nuova ricerca dovrebbe riuscire a dare qualche certezza.
I risultati, tuttavia, sono ancora in fase di elaborazione e al momento sono pubblicati solo i dati sull'offerta dei servizi che si occupano di persone senza dimora e la relativa utenza. Si deve precisare, però, che, l'utenza non corrisponde al numero di persone senza dimora che si rivolgono ai servizi considerati, ma ne è una sovrastima sia perché a tale tipo di servizi ricorre anche chi, seppur povero, ha un alloggio in cui abitare, sia perché una persona può usufruire di più servizi e venire quindi conteggiata più volte.
Pur in assenza di un sistema specifico e strutturato di politiche per contrastare l'emarginazione, vi è una parte del Paese che si muove per cercare di creare delle opportunità alle persone senza dimora: nei 158 comuni in cui è stata condotta l'indagine (Nota 4) si contano 727 enti e organizzazioni per un totale di 3.125 servizi erogati a favore di persone senza fissa dimora, rispondendo ai bisogni di oltre 2.600.000 utenti-servizio (Nota 5).
Nel Veneto, in un ambito territoriale che riguarda i sette comuni capoluogo più altri due comuni con popolazione sopra le 30 mila unità, operano 263 servizi cui si sono rivolti oltre 143 mila utenti nel corso del 2010. Per il 35% si tratta di servizi che provvedono a rispondere ai bisogni primari, come cibo, vestiario e igiene personale, cui fa riferimento ben il 69% dell'utenza, persone che non riescono in modo autonomo a soddisfare i bisogni elementari per vivere dignitosamente. Il 22% dei servizi, tra alloggi, comunità e dormitori, offre accoglienza notturna, coprendo appena il 3% dell'utenza, mentre è residuale (5%) la quota di interventi indirizzati all'accoglienza diurna. Tra le altre attività, i servizi di segretariato sociale (21%), con finalità soprattutto informativa, di orientamento ai servizi territoriali e di aiuto a espletamento pratiche, e i servizi di presa in carico e accompagnamento (17%), che, andando oltre al soddisfacimento dei bisogni fisici di sopravvivenza, intendono sostenere, accompagnare, aiutare sotto vari punti di vista la persona senza fissa dimora nel percorso di superamento dello stato di emergenza e di reinserimento. Simile la distribuzione dei servizi e dell'utenza nel territorio nazionale.
Guardando soprattutto all'utenza, emerge in tutto il Paese, anche se in modo diversificato, la grossa differenza tra numero di persone che usufruiscono dei servizi di prima accoglienza, di supporto ai bisogni primari, e di quanti si rivolgono agli altri servizi, a sottolineare come buona parte dell'energia sia assorbita da interventi di tipo emergenziale, non riuscendo invece ad accompagnare le persone in un percorso ulteriore, verso l'inclusione sociale. I servizi di risposta ai bisogni primari sono minoritari, in termini di utenza, solo in Valle D'Aosta, Friuli Venezia Giulia, Marche, Lazio e Basilicata, regioni che mostrano, invece, percentuali superiori alla media tra i servizi di segretariato sociale e di presa in carico e accompagnamento. (Tabella 8.2.3)

Figura 8.2.1

Variabili EU-SILC relative alla qualità della casa

Tabella 8.2.1

Percentuale di persone che dichiarano problemi all'abitazione e in situazione di grave deprivazione abitativa. Veneto, Italia, ripartizioni e UE27 - Anno 2009

Figura 8.2.2

Percentuale di persone in condizione di grave deprivazione abitativa per numero di carenze abitative e per regione. Italia - Anno 2009

Figura 8.2.3

Percentuale di persone in condizione di grave deprivazione abitativa (G). UE27 - Anno 2009

Tabella 8.2.2

Percentuale di persone in condizione di grave deprivazione abitativa per alcune caratteristiche. Veneto, Nord-Est, Italia e UE27 - Anno 2009

Figura 8.2.4

Provvedimenti di sfratto emessi, richieste di esecuzione presentate all'Ufficiale Giudiziario e sfratti eseguiti. Veneto - Anni 2001:2010 (*)

Figura 8.2.5

Numero medio di famiglie residenti per ogni provvedimento di sfratto emesso, per provincia, Veneto e Italia - Anno 2010 (*)

Tabella 8.2.3

Utenti-servizio per tipologia di servizi alle persone senza dimora per regione, ripartizione geografica e Italia - Anno 2010 (valori assoluti dei totali e composizione percentuale) (*)
 
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Risposte ai quesiti

  1. Quanta popolazione vive in condizioni di deprivazione materiale?

    La deprivazione materiale è misurata da un indice adottato dall'Eurostat. Sono considerati nove aspetti negativi della qualità della vita: non potersi permetter un pasto regolare a base di proteine, una settimana di vacanza all'anno, non essere in grado di pagare bollette, affitto o mutuo, di riscaldare adeguatamente la casa, di sostenere spese impreviste, di possedere beni durevoli quali telefono, televisore, lavatrice e automobile. È considerato in stato di deprivazione materiale chi vive in una famiglia che non può permettersi tre dei beni e servizi citati, in stato di grave deprivazione materiale se la privazione riguarda quattro o più beni e servizi. L'indice Eurostat è definito dalla percentuale di popolazione che a una certa epoca si trova in stato di deprivazione.
    In Italia nel 2009 la quota di persone in stato di deprivazione materiale era pari al 15,6% (media europea 17,1%, Bulgaria e Romania 50%, Svezia e Paesi Bassi 5%). La percentuale del Veneto supera di poco l'8% (circa 400 mila persone), di cui circa la metà in stato di grave deprivazione (4° posto nella graduatoria delle regioni italiane, Valle d'Aosta 3,8%, Sicilia 34%).

  2. Quanta popolazione vive in stato di precarietà abitativa?

    L'Eurostat propone anche un indice di grave deprivazione abitativa, condizione nella quale è classificato chi vive in condizione di sovraffollamento e in un'abitazione che presenta almeno uno dei seguenti problemi: mancanza di gabinetto interno, vasca da bagno o doccia, scarsa luminosità, tetti, soffitti o porte danneggiati o umidità. L'indice è definito dalla percentuale di popolazione che vive in condizione di grave deprivazione abitativa. La percentuale in Veneto nel 2009 è del 6,2 (circa 300 mila persone), leggermente superiore a quella rilevata nell'anno precedente (5,9). La media italiana è del 7,4%, quella europea del 5,9%. Nella graduatoria delle regioni italiane il Veneto si trova all'ottavo posto (Umbria 4,9%, Basilicata 12,3%). Tra i veneti quelli che soffrono maggiormente la precarietà abitativa sono i giovani (10,2%), le persone senza titolo di studio (9,8%), chi è a rischio povertà (12,6%), chi si trova in condizione di deprivazione materiale (18,3%), chi vive in abitazioni costruite prima del 1960 (12-18%), chi vive in abitazioni in affitto a prezzi di mercato (13,9%), le famiglie monogenitore con figli a carico (12,2%).
    Altri due aspetti della precarietà abitativa considerati nel testo sono gli sfratti e le persone senza fissa dimora. Nel 2010 sono stati emessi nel Veneto 4.862 provvedimenti di sfratto, 1 ogni 413 famiglie residenti (Belluno 1 ogni 1.472 famiglie, Rovigo 1 ogni 305 famiglie, Italia 1 ogni 380 famiglie).
    Il fenomeno è in forte aumento nel Veneto: nel 2010 rispetto al 2001 gli sfratti eseguiti sono triplicati (da 693 a 2.136), le richieste di esecuzione sono quasi quadruplicate (da 1.037 a 4.055).
    Non avere una casa è la condizione di massima povertà abitativa e di esclusione sociale. La situazione è oggetto di grande attenzione a livello dell'Unione europea (Nota 6). Purtroppo non sono disponibili dati attendibili sulla dimensione del fenomeno in Italia. Le associazioni che si occupano di senza fissa dimora stimano in 50-60 mila il numero di coloro che non dispongono di una casa (se vale la proporzione con la popolazione residente, circa 4 mila nel Veneto). Dalla ricerca "Dai un nome agli invisibili" promossa dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, dalla Caritas, l'Istat e la Federazione italiana organismi per le persone senza dimora (Fiopsd), i cui dati sono ancora in corso di elaborazione, sono disponibili alcuni risultati che riguardano il numero degli utenti-servizio dei servizi offerti dai numerosi enti e organizzazioni.
    Nel Veneto nel 2010, gli utenti-servizio sarebbero stati 143.592, così ripartiti per tipologia di servizi offerti
    - supporto a bisogni primari: 68,9%
    - accoglienza notturna: 3,1%
    - accoglienza diurna: 1,6%
    - segretariato sociale: 17,1%
    - presa in carico e accompagnamento: 9,4%.
    Va precisato che non si tratta solo di persone senza fissa dimora e che le stesse persone possono essere utenti di più servizi.