I profondi cambiamenti demografici, le dinamiche sociali ed economiche in atto fanno emergere con forza la questione abitativa e la necessità di rispondere a nuove esigenze dell'abitare.
Vista la criticità del periodo che stiamo vivendo, diverse famiglie, anche quelle per cui in passato la casa non rappresentava un problema, si trovano ora ad affrontare forme più o meno gravi di disagio abitativo, sia per l'innalzamento dei costi di mantenimento della casa che per la riduzione delle entrate familiari, perché si è dovuto lavorare di meno, si è in cassa integrazione o addirittura si è perso il lavoro.
Si è anche venuta a modificare la concezione stessa di casa, sempre più intesa come un bene d'uso, un servizio flessibile e adattabile ai diversi cicli della vita. In questo senso l'allargamento europeo, favorendo la libera circolazione fra i Paesi membri, e la necessità di rispondere a criteri di maggiore flessibilità e mobilità richiesti dal mercato del lavoro giocano un ruolo rilevante, oltre a porre le persone di fronte alla difficoltà di trovare un alloggio sia per breve tempo che in caso di una sistemazione più stabile.
Di seguito si fa cenno ad alcuni dei principali fenomeni socio-demografici che hanno impatto sulla domanda abitativa, mentre per gli aspetti più strettamente economici si rimanda ad altri capitoli della monografia.
Le famiglie
La domanda abitativa è conseguenza non tanto della crescita della popolazione, quanto piuttosto dell'aumento dei nuclei familiari. Nel 2009 in Veneto si contano quasi 5 milioni di abitanti e il numero di famiglie supera i 2 milioni. Dal 2001 la popolazione è aumentata dell'8,4%, mentre le famiglie sono cresciute a un ritmo più sostenuto, del 17,1%, diventando sempre più nucleari. Le abitazioni, secondo la fonte statistica dei permessi a costruire, hanno un ritmo di crescita più simile a quello delle famiglie: dal 2001 al 2009, infatti, lo sviluppo del patrimonio abitativo è dell'11,3%.
Le nuove abitazioni seguono il ritmo delle famiglie non solo in termini di quantità, ma anche di dimensione. Come i nuclei familiari, anche le nuove case sono sempre di più ridotte dimensioni: se nel 1995 una nuova abitazione veneta contava in media 93,4 mq, nel 2009 si scende a 85,9 mq.
(Figura 2.3.1)
La struttura familiare tende ad allontanarsi sempre più dal modello tradizionale, risultando quanto mai frammentata e destrutturata, con una dimensione media ad oggi di 2,4 componenti in Veneto, quando trent'anni fa era di 3,3 individui. La persistente bassa fecondità, la propensione dei giovani a rimandare il momento di creare una propria famiglia e di diventare genitori, il progressivo invecchiamento e l'instabilità coniugale hanno, infatti, portato a un aumento delle persone sole e delle coppie senza figli.
L'assottigliamento della dimensione familiare è poi il risultato della disgregazione delle famiglie allargate, un tempo piuttosto diffuse in Italia, specie in Veneto, dove la struttura agricola e insediativa faceva da sfondo a famiglie di dimensioni superiori rispetto a quelle di altre regioni, comprese quelle meridionali. Vivere in una famiglia multi-generazionale era anche una strategia per ottimizzare le risorse materiali ed economiche. Oggi, nonostante l'allungamento della sopravvivenza abbia contribuito a far crescere il numero delle generazioni contemporaneamente in vita, la compresenza di più generazioni all'interno della stessa famiglia è un fenomeno raro; i figli sposati scelgono di non vivere in casa con i genitori, preferendo piuttosto la prossimità abitativa a breve o brevissima distanza, caratteristica questa propria della cultura familiare italiana e che può essere vista come un'evoluzione della famiglia allargata, tipologia che nel 2010 in Veneto costituisce il 6,5% del totale delle famiglie. Sempre più dominante è, dunque, il modello di famiglia nucleare, ossia con un solo nucleo, di solito una coppia con o senza figli, talvolta con la presenza di un altro familiare, generalmente un genitore vedovo.
(Figura 2.3.2)
Gli stranieri
Sulla questione abitativa ha un peso consistente anche la dinamica dell'immigrazione. Si tratta di un fenomeno in massiccio aumento, specie da un decennio a questa parte, e oramai sedimentato nel nostro territorio, tanto che quando si parla di progetti migratori a lungo termine, questi richiedono stabilità non solo affettiva, sposarsi e avere figli, ma anche residenziale, attraverso l'acquisto o l'affitto di una casa.
Dal 2001 il numero di stranieri in Veneto è più che triplicato, oltrepassando nel 2010 il mezzo milione di persone e rappresentando il 10,2% della popolazione totale, quota sensibilmente più rilevante rispetto all'intero territorio nazionale (7,5%).
La possibilità di disporre di un'abitazione dignitosa costituisce un elemento basilare per ogni progetto di inclusione sociale. La questione abitativa per gli immigrati è ancora più delicata, dato che, secondo l'attuale legislazione, gli stranieri presenti in Italia devono dimostrare di avere una sistemazione alloggiativa idonea, oltre che un regolare contratto di lavoro, per rimanere legalmente nel nostro Paese. Pertanto l'impossibilità o la difficoltà di trovare alloggio può tradursi in reato con il rischio di espulsione.
Dal punto di vista abitativo, gli stranieri incontrano condizioni di maggiore precarietà. Vivono per la grande maggioranza in affitto, talvolta con problemi di sovraffollamento e di scarsa qualità dell'alloggio. In Veneto il 58% delle famiglie di stranieri vive in case in affitto, contro l'11% delle famiglie di soli italiani, e il 42% non dispone di spazio sufficiente, condizione che interessa il 9% di quelle italiane.
Casa e lavoro sono ambiti fortemente intrecciati: avere un lavoro, disporre di uno stipendio, consente di stipulare un regolare contratto d'affitto, anche se a volte l'accesso al mercato immobiliare è ostacolato dalle richieste di affitto troppo onerose. Per affittare una casa in periferia di media quadratura uno straniero in Veneto spende circa il 35% di ciò che guadagna, quasi 12 punti percentuali in più rispetto alla popolazione totale. Per quanto riguarda l'inserimento abitativo, la condizione degli stranieri in Veneto sembra comunque di minore disparità che in altre regioni: l'indicatore di accessibilità al mercato immobiliare si colloca infatti nella fascia massima di intensità.
(Figura 2.3.3)
La popolazione straniera si caratterizza per una maggiore mobilità. Si parla, infatti, di migrazione nella migrazione
(Nota 6) ; gli stranieri sono migranti che lasciano la loro terra di origine e che, una volta giunti sul nostro territorio, non stabiliscono subito la propria dimora, ma il loro viaggio prosegue alla ricerca di condizioni migliori, soprattutto abitative e lavorative. Anche limitando l'attenzione ai trasferimenti di residenza all'interno del territorio regionale, gli stranieri mostrano una propensione maggiore a spostarsi nel territorio rispetto ai veneti di origine italiana. Se 18 persone su mille hanno nel 2009 cambiato la propria residenza entro i confini regionali, per gli stranieri residenti in Veneto tale quota arriva al 51,5, e qualche anno fa era anche più alta.
(Figura 2.3.4)
I giovani
Il problema abitativo è particolarmente sentito dalla fascia più giovane della popolazione e si traduce in una protratta permanenza nella famiglia d'origine.
Come evidenziato anche dalle ricerche del Cnel
(Nota 7) sulle condizioni abitative dei giovani, le principali cause di disagio riguardano i costi insostenibili sia per i canoni di affitto che per l'acquisto della casa, l'assenza delle istituzioni, che sottovalutano il problema della questione abitativa tra gli under35, la limitazione alla mobilità territoriale per chi vuole perseguire opportunità di studio o di lavoro a causa della difficoltà abitativa, che si traduce in una rigidità del mercato del lavoro.
L'elevata disoccupazione giovanile, acuita dalla recente crisi, e la precarietà del lavoro, nonché le conseguenti difficoltà di accesso al credito e la scarsità di abitazioni economicamente accessibili condizionano pesantemente la scelta di intraprendere un percorso di vita autonomo.
Tra i giovani italiani di età 18-34 anni ben il 65% dei maschi e il 52% delle femmine, nel 2010, vive ancora in condizione di figlio nella famiglia di origine. In Veneto, le percentuali sono inferiori, rispettivamente pari al 63% e al 50%, tuttavia si tratta di valori particolarmente elevati, di molto superiori alla media europea e a quanto osservato anche in altri Paesi mediterranei. All'opposto, in Svezia ciò riguarda appena il 12% dei ragazzi e il 10% delle ragazze della stessa età.
(Figura 2.3.5)
Nei Paesi dell'Europa nord-occidentale il distacco dalla famiglia di origine avviene prima che nell'area orientale e meridionale, di solito entro i 25 anni, addirittura poco dopo il raggiungimento della maggiore età nei Paesi scandinavi. In Italia vi è, invece, la tendenza a restare con i genitori fin oltre i 30 anni, un fenomeno sempre più diffuso che sta investendo anche le regioni del Sud, dove fino a qualche anno fa i giovani erano più propensi a formarsi presto una propria famiglia e a diventare genitori.
Alla base vi è un aspetto culturale, ma non solo. In Italia in particolare, ma più in generale nei Paesi mediterranei, il legame tra genitori e figli ha sicuramente una natura diversa, è più forte e si mantiene a lungo intenso; i genitori tendono a investire molto sui figli, sia affettivamente che materialmente, particolarmente protettivi sembrano disposti a sacrificarsi di più per il loro bene e a ospitarli a lungo in casa, fin tanto che non si realizzano le migliori opportunità per il futuro.
Tutto ciò va letto congiuntamente alla specificità dei regimi di welfare, in Italia assai poco generoso nei confronto dei giovani, e della famiglia in generale. La mancanza di adeguati aiuti pubblici e di sufficienti ammortizzatori sociali non agevola sicuramente l'uscita di casa dei giovani italiani e la capacità di mantenersi senza l'aiuto dei genitori.
Gli anziani
L'allungamento della vita media, frutto del miglioramento delle condizioni di vita, igieniche e di salute della popolazione, oltre che dei costanti progressi della medicina, unito al calo della natalità hanno contribuito significativamente al progressivo invecchiamento della popolazione.
Dopo la Germania, l'Italia è il Paese più anziano d'Europa: la percentuale di anziani è aumentata negli anni e le previsioni demografiche ne indicano un ulteriore incremento. Il numero di ultra65enni in Veneto, oggi più di 982mila pari al 20% della popolazione, è destinato a crescere di oltre il 44% da qui a vent'anni e la variazione prevista sale addirittura al 62% per la fascia di età dei molto anziani, ossia di 80 anni e più.
(Figura 2.3.6)
Proprio l'invecchiamento rappresenta una delle principali sfide che l'Unione europea dovrà affrontare: i territori in calo demografico e in cui la popolazione è prevalentemente anziana dovranno rivedere l'offerta di beni e servizi pubblici di base come la salute, la previdenza, il trasporto e la proposta residenziale; senza contare i cambiamenti negli equilibri familiari e l'aumento di anziani soli, segmento della popolazione particolarmente debole e vulnerabile.
Da un punto di vista familiare, in Veneto sono circa 254mila gli anziani che vivono da soli, oltre un quarto del totale, mentre quattro su dieci vivono in coppia, senza figli perché nella gran parte dei casi già usciti dalla famiglia di origine. Gli anziani che vivono in contesti familiari stabili e potenzialmente più solidi sono quelli che abitano in coppia, con o senza figli, e con altri membri (20,2%). Non più in coppia, ma comunque con altri componenti come fratelli o più spesso figli, sono invece gli anziani che ricoprono la quota residua di famiglie (14,4%).
(Figura 2.3.7)
In termini abitativi l'obiettivo dovrebbe essere quello di offrire case idonee alle condizioni degli anziani, prive di barriere architettoniche, inserite in contesti adeguati e accessibili da un punto di vista economico, considerando anche che l'orientamento delle politiche di assistenza è quello di favorire la permanenza della persona anziana nel proprio domicilio e riservare l'istituzionalizzazione solo ai casi non altrimenti assistibili. D'altra parte l'anziano stesso preferisce rimanere nella propria abitazione. Invecchiando, la casa diviene il centro della sua esistenza e, per i ricordi, i legami affettivi e le abitudini consolidate, difficilmente è disposto a lasciarla, anche se oramai troppo spaziosa o non più adatta alle sue condizioni. Invecchiando, l'anziano trascorre in casa gran parte del tempo, l'abitazione quindi dovrebbe rispettare standard qualitativi adeguati, specie nelle infrastrutture.
Anche la zona di residenza risulta rilevante: la posizione della casa e il contesto circostante incidono infatti sull'inclusione sociale degli anziani, consentendo loro di essere indipendenti, di mantenere i contatti sociali, di sentirsi attivi e parte di una comunità.
Dal punto di vista economico, poi, gli anziani rappresentano un segmento particolarmente vulnerabile della popolazione. In Veneto il 16,5% degli anziani è a rischio di povertà, molto di più della popolazione complessiva (9,7%); maggiormente esposte le donne anziane, costrette ad affrontare serie difficoltà economiche date le pensioni mediamente più basse: circa una su cinque è a rischio di povertà.
Il 27,4% delle famiglie venete con almeno un anziano arriva con difficoltà a fine mese, il 33% se si considerano gli anziani soli: questi a volte hanno serie difficoltà a comprare il cibo necessario (5,9%) o a pagare le spese mediche (9,3%). Per l'anziano solo anche le spese per l'abitazione risultano più impegnative, fino a incidere per un quarto del proprio reddito, e possedere la casa può diventare fonte di preoccupazione economica, piuttosto che uno status di ricchezza.
Anche più di una dimora
Nuove esigenze lavorative e di studio spingono sempre più persone ad adottare un modello di vita flessibile, che si adatti ai cambiamenti e alla crescente mobilità che caratterizza la vita nella nostra società. Anche per la residenza, i luoghi dell'abitare si moltiplicano quando necessità formative o lavorative richiedono di abbandonare provvisoriamente la famiglia di origine, per vivere con una certa regolarità in un comune diverso da quello solito di residenza. Studenti o lavoratori, che si dividono tra la dimora degli affetti e quella dell'impegno professionale e per questo definiti i "pendolari" della famiglia.
L'Italia meridionale presenta una più elevata propensione a questo tipo di mobilità rispetto al resto d'Italia, dove maggiormente si preferisce o si riesce invece a studiare o lavorare vicino a casa, a distanze che permettono un pendolarismo giornaliero senza dover vivere per alcuni giorni o per periodi più lunghi in un comune diverso da quello di residenza. Questa tendenza è osservabile anche nella nostra regione, dove il tessuto produttivo comprende molte aziende di piccole o medie dimensioni diffuse sul territorio, e dove le università sono protagoniste di fenomeni di decentramento in sedi succursali.
Più che studenti, la maggior parte sono lavoratori, specie maschi, comunque giovani non ancora con una famiglia propria e che continuano a mantenere la residenza nella casa dei genitori. Di questi, circa il 60% rimane comunque entro i confini regionali, fanno eccezione le regioni meridionali dove maggiore è la propensione a studiare o lavorare in altre regioni.
I pendolari della famiglia sono in Veneto il 6% di quanti lavorano o studiano, in linea con la tendenza media nazionale e di altre regioni del Nord, quali Lombardia, Friuli Venezia Giulia e Piemonte.
(Figura 2.3.8)