Capitolo 2

L'offerta e la domanda abitativa
Policentrismo reticolare equilibrato

Prima di addentrarci nell'analisi specifica delle dimensioni della qualità dell'abitare, ci sembra importante partire dalla conoscenza del territorio e dell'impatto che il fenomeno dell'urbanizzazione, dovuta all'espansione degli spazi destinati alla residenza e agli insediamenti produttivi, ha sull'uso del suolo rispetto alle aree rurali, verdi o paesaggistiche.
Soprattutto negli ultimi decenni l'urbanizzazione non è sempre stata ben pianificata e a volte ha visto uno sviluppo sproporzionato, non giustificato dalla crescita demografica o economica, evidenziando un uso consumistico del territorio fino a spingersi in zone non propriamente idonee all'insediamento.
Si riportano di seguito le principali caratteristiche territoriali del Veneto in termini di superficie e di popolazione, in relazione al contesto nazionale ed europeo, per passare alla descrizione dello stock abitativo e all'individuazione di alcuni fattori che contribuiscono a determinare la domanda abitativa.
 
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2.1 - L'urbanizzazione

Il quadro territoriale si rivela importante non solo come scenario allo sviluppo di politiche urbanistiche, infrastrutturali e ambientali, ma anche come aspetto della qualità della vita dei cittadini.
L'Italia è tra i Paesi europei più densamente popolati, con circa 200 abitanti per kmq, dato inferiore solo a Malta, Paesi Bassi, Belgio e Regno Unito. Svezia e Finlandia presentano invece le densità più basse, con valori addirittura al di sotto dei 30 abitanti per Kmq.
Il confronto europeo pone l'Italia in posizione mediana rispetto alla percentuale di persone che vivono in zone a elevato grado di urbanizzazione: (Nota 1) il 45% contro il 47% della media europea con riferimento al 2001, ultimo anno per il quale è disponibile il dato. Significativamente superiore, invece, la quota di popolazione residente in aree mediamente urbanizzate, il 39% contro un valore medio comunitario del 25%; l'Italia, infatti, con il Belgio e il Lussemburgo, è uno dei Paesi europei in cui è più consistente il peso della media urbanizzazione. (Figura 2.1.1)
Se, da un lato, il livello di urbanizzazione è elevato in corrispondenza delle principali aree metropolitane, dall'altro, si innalza laddove la conformazione orografica del territorio facilita il processo di inurbamento.
Anche la viabilità costituisce un fattore importante per la riorganizzazione dello spazio urbano e produttivo. Specie nel Nord-Italia, con posizione geografica strategica nel più ampio contesto europeo, i centri urbani con la maggiore concentrazione di popolazione sorgono in corrispondenza delle principali direttrici di viabilità: le imprese tendono per ovvie ragioni a svilupparsi lungo le vie di comunicazione e la distribuzione della popolazione segue quella delle imprese. Accanto alle grandi aree metropolitane più consolidate di Milano, Torino e Genova, si sono venute a formare nuove aree "metropolitane" di dimensioni più ridotte lungo il corridoio V, con continuità da Milano a Venezia, e lungo il corridoio Via Emilia con continuità da Parma a Imola, come anche in corrispondenza dei nodi di intersezione tra i corridoi. È il caso dell'area Milano-Bergamo, di Bologna, di Parma-Reggio Emilia-Modena e per il Veneto l'area di Padova-Treviso-Venezia, con oltre 1,5 milioni di abitanti, e quella di Verona che tende a svilupparsi verso Brescia-Mantova. (Figura 2.1.2)
La nostra regione si caratterizza per la compresenza di aree altamente e mediamente urbanizzate: nel 2010 solo il 7% della popolazione risiede in zone a basso livello di urbanizzazione, la maggioranza, quasi il 55%, vive in comuni a livello intermedio di urbanizzazione, circa 15 punti percentuali in più rispetto alla media nazionale, e il 39% in aree altamente urbanizzate.
Associando un punteggio percentuale P, P1=0, P2=50 e P3=100, rispettivamente alle tre modalità ordinali del grado di urbanizzazione, basso, medio e alto (criteri Eurostat), è possibile calcolare un indice sintetico di urbanizzazione (Nota 2) della popolazione del territorio considerato, che assume valori variabili tra 0 (tutta la popolazione vive in aree a bassa urbanizzazione) e 100 (tutta la popolazione vive in aree ad alta urbanizzazione). L'indice sintetico è calcolato come media aritmetica ponderata di P1, P2 e P3, con pesi le corrispondenti frazioni di popolazione.
Tale indice sintetico calcolato per il Veneto assume nel 2010 il valore di 66 punti su 100, vicino alla media nazionale (65) e a quella dei 27 Paesi dell'Unione europea (60 nel 2001). Le regioni contigue hanno valori molto variabili: 81 per la Lombardia, 56 il Friuli Venezia Giulia e 38 il Trentino Alto Adige. (Tabella 2.1.1)(Figura 2.1.3)
Particolarità in Veneto
L'area pedemontana veneta, assieme a quella lombarda, di cui ne è l'estensione, costituisce una delle più vaste conurbazioni europee. Ma mentre la Lombardia si caratterizza per una forte concentrazione della popolazione nelle aree metropolitane e nel relativo hinterland, in Veneto accanto a superfici urbane estese, le città vere e proprie, si affianca un territorio periurbano dove l'insediamento della popolazione è diffuso e irregolare. (Figura 2.1.4)
Per il Veneto si può parlare di una realtà territoriale caratterizzata da un policentrismo reticolare: edilizia residenziale e non residenziale, con funzione soprattutto economica, non concentrate in un unico agglomerato urbano, bensì distribuite in più centri di dimensioni e importanza equilibrate.
In Veneto si manifesta in modo particolarmente evidente il fenomeno dell'urban sprawl, ossia dello sviluppo urbano incrementale e disgregato delle città lungo gli assi di collegamento viario per aree molto estese, fino al ricongiungimento con altre città. Le cosiddette "frange periurbane" sono la forma tipica dello sviluppo delle città: formazioni urbane costituite da un certo numero di centri abitati compatti congiunti da tessuti edilizi disgregati che si propagano dalle loro periferie e nelle cui maglie sono inglobati residui di mosaici agricoli (Nota 3) . (Figura 2.1.5)
Tale modello di espansione del campo urbano ha iniziato a manifestarsi a partire dagli anni Ottanta. Lo straordinario sviluppo economico conosciuto dal Veneto in quel periodo giustifica, infatti, la forte crescita della superficie occupata da insediamenti abitativi, produttivi e viabilistici, specie in alcune province, come Verona. (Tabella 2.1.2)
In base ai rilievi aerografici, l'ultimo dei quali risale al 2006, la superficie urbana (Nota 4) in Veneto è di circa 2.240 kmq, il 12% dell'intero territorio regionale. Tuttavia, a livello provinciale, la situazione è piuttosto diversificata e si delinea una maggiore concentrazione degli insediamenti abitativi e produttivi nella fascia centrale della regione, più dinamica dal punto di vista economico: se Padova e Treviso rappresentano le province più urbanizzate, Verona è quella che ha conosciuto la maggiore espansione delle aree edificate, più del 25% dal 1983 al 2006.
Emerge anche che in zone dove la densità non è molto elevata vi sia comunque una forte pressione della domanda edificatoria: a un minore affollamento della popolazione non corrisponde un utilizzo altrettanto contenuto del territorio, il cui processo di urbanizzazione si estende in maniera capillare e talvolta incontrollata.
Le città
Oltre allo sviluppo economico, anche il processo di spopolamento dei grandi centri urbani ha certamente contribuito all'urban sprawl. Negli anni Novanta molti capoluoghi italiani sono stati protagonisti di un fenomeno di migrazione dalla città alle aree extra-urbane limitrofe. (Tabella 2.1.3)
I motivi di questa spinta centrifuga sono da ricercare nella necessità di abitazioni meno costose e meno densamente distribuite sul territorio, nonché nell'esigenza di allontanarsi dal caos e dall'inquinamento metropolitano a favore di una più sana qualità di vita. La città si trasforma, dunque, in un luogo di consumo, attraversata da chi ne utilizza servizi e risorse, da chi ci studia o lavora e da chi la visita come turista.
Dal 2001 si assiste però a una lenta inversione di marcia con il ripopolamento delle città: fatta eccezione per Venezia, la cui situazione rimane sostanzialmente stabile, nell'ultimo decennio tutti i capoluoghi veneti registrano un aumento della propria popolazione residente. I motori di questa nuova forza centripeta sono riconducibili da un lato al fenomeno dei grandi flussi migratori, che vede nuovi cittadini stranieri occupare i grandi centri urbani per poi trasferirsi nei comuni limitrofi, dall'altro allo sforzo di riqualificazione del contesto urbano intrapreso da molte città per riacquistare forza attrattiva.
Nonostante questa recente ripresa dei capoluoghi, per molte aree del Veneto la provincia continua a mantenere un potere attrattivo superiore rispetto al capoluogo; ciò è vero soprattutto per le province nella fascia centrale della regione, con una dinamicità economica e occupazionale più distribuita su tutto il territorio. Solo le città di Belluno e Rovigo attraggono molta più popolazione delle relative province, confermando per questi comuni maggiori opportunità di lavoro, più facile accesso ai servizi e una migliore qualità di vita rispetto al resto del territorio provinciale. (Figura 2.1.6)

Figura 2.1.1

Distribuzione percentuale della popolazione per grado di urbanizzazione. UE27 - Anno 2001 (*)

Figura 2.1.2

Aree 'metropolitane' nelle regioni del Nord - Anno 2008

Tabella 2.1.1

Distribuzione percentuale della popolazione per grado di urbanizzazione e indice sintetico di urbanizzazione, per regione. Italia - Anno 2010 (*)

Figura 2.1.3

Indice sintetico di urbanizzazione della popolazione per regione. Italia - Anno 2010 (*)

Figura 2.1.4

Comuni per grado di urbanizzazione. Italia - Anno 2001 (*)

Figura 2.1.5

Densità della popolazione (D) 2010 e variazione percentuale (V) 2010/1990 della densità di popolazione, per comune. Veneto (*)

Tabella 2.1.2

Superficie totale e superficie urbanizzata per provincia. Veneto - Anno 2006 e variazioni percentuali 2006/94, 2006/83 e 1994/83 (*)

Tabella 2.1.3

Fuga dalle città e re-urbanizzazione dei capoluoghi (variazione percentuale della popolazione residente). Veneto - Anni 2000/1990 e 2010/2001

Figura 2.1.6

Capacità di attrazione dei capoluoghi rispetto alla provincia (variazione percentuale della popolazione residente). Veneto - Anni 2010/2005 (*)
 
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2.2 - Il patrimonio abitativo (Nota 5)

Quantificare il patrimonio abitativo non è facile, perché si dispone di dati spesso incompleti o poco aggiornati: i più attendibili sugli edifici sono quelli raccolti in occasione del Censimento della popolazione e delle abitazioni e gli ultimi disponibili fanno riferimento al 2001, in attesa dei risultati del nuovo Censimento in corso.
Il Veneto possiede quasi il 9% degli edifici a uso abitativo dell'intero territorio nazionale: lo stock abitativo risulta composto da 960.256 edifici, per un totale di oltre 2 milioni di alloggi dalla superficie media di circa 106 mq.
Circa il 72% degli edifici residenziali in Veneto non possiede alcuna contiguità, caratteristica che suggerisce edifici periferici o comunque posti al centro del lotto con la conseguente smaterializzazione dei fronti stradali, oltre che un aumento delle superfici disperdenti. Il restante rappresenta edifici inseriti in un contesto caratterizzato da una sedimentazione edificatoria composta da edifici contigui di epoche diverse.
La preferenza è per abitazioni con accesso indipendente o al massimo con un solo vano scala collettivo (91%), dato che suggerisce la presenza di edifici di poche unità abitative.
Infine, ulteriore caratteristica del tessuto abitativo veneto è un numero di piani fuori terra limitato: sostanzialmente da uno a quattro, con un picco (65%) di abitazioni di due piani, sinonimo di bassa densità edilizia. Il 60% degli edifici è composto da una sola abitazione, il 23% da due e il resto risulta quasi sempre compreso entro le cinque unità abitative per edificio.
Un quarto degli edifici censiti nel 2001 è sorto prima del 1945, il 15% nell'immediato dopoguerra, il 40% circa tra il 1962 e il 1981 e il 20% dopo il 1982. Nel tempo la domanda di abitazione e il modo con cui viene soddisfatta sono profondamente cambiati. La tipologia edilizia più frequente prima del 1919 è quella che presenta contiguità (62%), indice di una compattezza urbana che nel tempo è stata persa (20% dopo il 1991), favorendo la costruzione di edifici singoli su lotto, sia a bassa densità, come la casa singola, bifamiliare o a schiera, che a media densità, ossia edifici a blocco e in linea. (Figura 2.2.1)
Nelle successive epoche i tipi edilizi più costruiti risultano essere essenzialmente due: la casa singola unifamiliare e l'edificio a blocco su lotto, il cosiddetto "condominio". Da sole, queste due tipologie rappresentano oltre la metà delle scelte di nuova edificazione a uso abitativo dagli anni Ottanta in poi.
Nel tempo stanno poi assumendo importanza tipologie simili a queste ultime, ma più economiche, ossia la casa bifamiliare e la schiera, oltre che l'edificio in linea. L'aumento del peso di queste ultime tipologie indica come il recupero edilizio e del consumo di suolo siano sempre di più tematiche centrali. (Tabella 2.2.1)
Analizzando infine com'è cambiata nel tempo la superficie media degli alloggi si osserva una tendenza dimensionale abbastanza disomogenea tra le diverse tipologie edilizie: le abitazioni con accesso indipendente, ossia le case singole, le bifamiliari e quelle a schiera, tendono ad aumentare anche considerevolmente le loro dimensioni, mentre le abitazioni più o meno collettive si riducono. Si assiste invece a una crescita generalizzata della superficie media delle abitazioni nel periodo conosciuto come "epoca del benessere", tra il 1972 e il 1991.
Per le tipologie collettive, oltre a una diminuzione della superficie degli alloggi, si ha un aumento del numero di abitazioni per edificio. Confrontando i fabbricati esistenti al 1919 con quelli costruiti dopo il 1991, il numero medio di alloggi passa da 2,2 a 5,0 per gli stabili in linea e da 7,3 a 33,1 per le torri, in un'ottica di costruzione in verticale. (Figura 2.2.2)

Tabella 2.2.1

Edifici per epoca di costruzione e tipologia abitativa. Veneto - Anno 2001

Figura 2.2.1

Edifici costruiti prima del 1919 e dopo il 1991 per tipologia abitativa. Veneto - Anno 2001 (*)

Figura 2.2.2

Superficie media degli alloggi (mq) per tipologia di edificio ed epoca di costruzione. Veneto - Anno 2001
 
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2.3 - Le leve della domanda abitativa

I profondi cambiamenti demografici, le dinamiche sociali ed economiche in atto fanno emergere con forza la questione abitativa e la necessità di rispondere a nuove esigenze dell'abitare.
Vista la criticità del periodo che stiamo vivendo, diverse famiglie, anche quelle per cui in passato la casa non rappresentava un problema, si trovano ora ad affrontare forme più o meno gravi di disagio abitativo, sia per l'innalzamento dei costi di mantenimento della casa che per la riduzione delle entrate familiari, perché si è dovuto lavorare di meno, si è in cassa integrazione o addirittura si è perso il lavoro.
Si è anche venuta a modificare la concezione stessa di casa, sempre più intesa come un bene d'uso, un servizio flessibile e adattabile ai diversi cicli della vita. In questo senso l'allargamento europeo, favorendo la libera circolazione fra i Paesi membri, e la necessità di rispondere a criteri di maggiore flessibilità e mobilità richiesti dal mercato del lavoro giocano un ruolo rilevante, oltre a porre le persone di fronte alla difficoltà di trovare un alloggio sia per breve tempo che in caso di una sistemazione più stabile.
Di seguito si fa cenno ad alcuni dei principali fenomeni socio-demografici che hanno impatto sulla domanda abitativa, mentre per gli aspetti più strettamente economici si rimanda ad altri capitoli della monografia.
Le famiglie
La domanda abitativa è conseguenza non tanto della crescita della popolazione, quanto piuttosto dell'aumento dei nuclei familiari. Nel 2009 in Veneto si contano quasi 5 milioni di abitanti e il numero di famiglie supera i 2 milioni. Dal 2001 la popolazione è aumentata dell'8,4%, mentre le famiglie sono cresciute a un ritmo più sostenuto, del 17,1%, diventando sempre più nucleari. Le abitazioni, secondo la fonte statistica dei permessi a costruire, hanno un ritmo di crescita più simile a quello delle famiglie: dal 2001 al 2009, infatti, lo sviluppo del patrimonio abitativo è dell'11,3%.
Le nuove abitazioni seguono il ritmo delle famiglie non solo in termini di quantità, ma anche di dimensione. Come i nuclei familiari, anche le nuove case sono sempre di più ridotte dimensioni: se nel 1995 una nuova abitazione veneta contava in media 93,4 mq, nel 2009 si scende a 85,9 mq. (Figura 2.3.1)
La struttura familiare tende ad allontanarsi sempre più dal modello tradizionale, risultando quanto mai frammentata e destrutturata, con una dimensione media ad oggi di 2,4 componenti in Veneto, quando trent'anni fa era di 3,3 individui. La persistente bassa fecondità, la propensione dei giovani a rimandare il momento di creare una propria famiglia e di diventare genitori, il progressivo invecchiamento e l'instabilità coniugale hanno, infatti, portato a un aumento delle persone sole e delle coppie senza figli.
L'assottigliamento della dimensione familiare è poi il risultato della disgregazione delle famiglie allargate, un tempo piuttosto diffuse in Italia, specie in Veneto, dove la struttura agricola e insediativa faceva da sfondo a famiglie di dimensioni superiori rispetto a quelle di altre regioni, comprese quelle meridionali. Vivere in una famiglia multi-generazionale era anche una strategia per ottimizzare le risorse materiali ed economiche. Oggi, nonostante l'allungamento della sopravvivenza abbia contribuito a far crescere il numero delle generazioni contemporaneamente in vita, la compresenza di più generazioni all'interno della stessa famiglia è un fenomeno raro; i figli sposati scelgono di non vivere in casa con i genitori, preferendo piuttosto la prossimità abitativa a breve o brevissima distanza, caratteristica questa propria della cultura familiare italiana e che può essere vista come un'evoluzione della famiglia allargata, tipologia che nel 2010 in Veneto costituisce il 6,5% del totale delle famiglie. Sempre più dominante è, dunque, il modello di famiglia nucleare, ossia con un solo nucleo, di solito una coppia con o senza figli, talvolta con la presenza di un altro familiare, generalmente un genitore vedovo. (Figura 2.3.2)
Gli stranieri
Sulla questione abitativa ha un peso consistente anche la dinamica dell'immigrazione. Si tratta di un fenomeno in massiccio aumento, specie da un decennio a questa parte, e oramai sedimentato nel nostro territorio, tanto che quando si parla di progetti migratori a lungo termine, questi richiedono stabilità non solo affettiva, sposarsi e avere figli, ma anche residenziale, attraverso l'acquisto o l'affitto di una casa.
Dal 2001 il numero di stranieri in Veneto è più che triplicato, oltrepassando nel 2010 il mezzo milione di persone e rappresentando il 10,2% della popolazione totale, quota sensibilmente più rilevante rispetto all'intero territorio nazionale (7,5%).
La possibilità di disporre di un'abitazione dignitosa costituisce un elemento basilare per ogni progetto di inclusione sociale. La questione abitativa per gli immigrati è ancora più delicata, dato che, secondo l'attuale legislazione, gli stranieri presenti in Italia devono dimostrare di avere una sistemazione alloggiativa idonea, oltre che un regolare contratto di lavoro, per rimanere legalmente nel nostro Paese. Pertanto l'impossibilità o la difficoltà di trovare alloggio può tradursi in reato con il rischio di espulsione.
Dal punto di vista abitativo, gli stranieri incontrano condizioni di maggiore precarietà. Vivono per la grande maggioranza in affitto, talvolta con problemi di sovraffollamento e di scarsa qualità dell'alloggio. In Veneto il 58% delle famiglie di stranieri vive in case in affitto, contro l'11% delle famiglie di soli italiani, e il 42% non dispone di spazio sufficiente, condizione che interessa il 9% di quelle italiane.
Casa e lavoro sono ambiti fortemente intrecciati: avere un lavoro, disporre di uno stipendio, consente di stipulare un regolare contratto d'affitto, anche se a volte l'accesso al mercato immobiliare è ostacolato dalle richieste di affitto troppo onerose. Per affittare una casa in periferia di media quadratura uno straniero in Veneto spende circa il 35% di ciò che guadagna, quasi 12 punti percentuali in più rispetto alla popolazione totale. Per quanto riguarda l'inserimento abitativo, la condizione degli stranieri in Veneto sembra comunque di minore disparità che in altre regioni: l'indicatore di accessibilità al mercato immobiliare si colloca infatti nella fascia massima di intensità. (Figura 2.3.3)
La popolazione straniera si caratterizza per una maggiore mobilità. Si parla, infatti, di migrazione nella migrazione (Nota 6) ; gli stranieri sono migranti che lasciano la loro terra di origine e che, una volta giunti sul nostro territorio, non stabiliscono subito la propria dimora, ma il loro viaggio prosegue alla ricerca di condizioni migliori, soprattutto abitative e lavorative. Anche limitando l'attenzione ai trasferimenti di residenza all'interno del territorio regionale, gli stranieri mostrano una propensione maggiore a spostarsi nel territorio rispetto ai veneti di origine italiana. Se 18 persone su mille hanno nel 2009 cambiato la propria residenza entro i confini regionali, per gli stranieri residenti in Veneto tale quota arriva al 51,5, e qualche anno fa era anche più alta. (Figura 2.3.4)
I giovani
Il problema abitativo è particolarmente sentito dalla fascia più giovane della popolazione e si traduce in una protratta permanenza nella famiglia d'origine.
Come evidenziato anche dalle ricerche del Cnel (Nota 7) sulle condizioni abitative dei giovani, le principali cause di disagio riguardano i costi insostenibili sia per i canoni di affitto che per l'acquisto della casa, l'assenza delle istituzioni, che sottovalutano il problema della questione abitativa tra gli under35, la limitazione alla mobilità territoriale per chi vuole perseguire opportunità di studio o di lavoro a causa della difficoltà abitativa, che si traduce in una rigidità del mercato del lavoro.
L'elevata disoccupazione giovanile, acuita dalla recente crisi, e la precarietà del lavoro, nonché le conseguenti difficoltà di accesso al credito e la scarsità di abitazioni economicamente accessibili condizionano pesantemente la scelta di intraprendere un percorso di vita autonomo.
Tra i giovani italiani di età 18-34 anni ben il 65% dei maschi e il 52% delle femmine, nel 2010, vive ancora in condizione di figlio nella famiglia di origine. In Veneto, le percentuali sono inferiori, rispettivamente pari al 63% e al 50%, tuttavia si tratta di valori particolarmente elevati, di molto superiori alla media europea e a quanto osservato anche in altri Paesi mediterranei. All'opposto, in Svezia ciò riguarda appena il 12% dei ragazzi e il 10% delle ragazze della stessa età. (Figura 2.3.5)
Nei Paesi dell'Europa nord-occidentale il distacco dalla famiglia di origine avviene prima che nell'area orientale e meridionale, di solito entro i 25 anni, addirittura poco dopo il raggiungimento della maggiore età nei Paesi scandinavi. In Italia vi è, invece, la tendenza a restare con i genitori fin oltre i 30 anni, un fenomeno sempre più diffuso che sta investendo anche le regioni del Sud, dove fino a qualche anno fa i giovani erano più propensi a formarsi presto una propria famiglia e a diventare genitori.
Alla base vi è un aspetto culturale, ma non solo. In Italia in particolare, ma più in generale nei Paesi mediterranei, il legame tra genitori e figli ha sicuramente una natura diversa, è più forte e si mantiene a lungo intenso; i genitori tendono a investire molto sui figli, sia affettivamente che materialmente, particolarmente protettivi sembrano disposti a sacrificarsi di più per il loro bene e a ospitarli a lungo in casa, fin tanto che non si realizzano le migliori opportunità per il futuro.
Tutto ciò va letto congiuntamente alla specificità dei regimi di welfare, in Italia assai poco generoso nei confronto dei giovani, e della famiglia in generale. La mancanza di adeguati aiuti pubblici e di sufficienti ammortizzatori sociali non agevola sicuramente l'uscita di casa dei giovani italiani e la capacità di mantenersi senza l'aiuto dei genitori.
Gli anziani
L'allungamento della vita media, frutto del miglioramento delle condizioni di vita, igieniche e di salute della popolazione, oltre che dei costanti progressi della medicina, unito al calo della natalità hanno contribuito significativamente al progressivo invecchiamento della popolazione.
Dopo la Germania, l'Italia è il Paese più anziano d'Europa: la percentuale di anziani è aumentata negli anni e le previsioni demografiche ne indicano un ulteriore incremento. Il numero di ultra65enni in Veneto, oggi più di 982mila pari al 20% della popolazione, è destinato a crescere di oltre il 44% da qui a vent'anni e la variazione prevista sale addirittura al 62% per la fascia di età dei molto anziani, ossia di 80 anni e più. (Figura 2.3.6)
Proprio l'invecchiamento rappresenta una delle principali sfide che l'Unione europea dovrà affrontare: i territori in calo demografico e in cui la popolazione è prevalentemente anziana dovranno rivedere l'offerta di beni e servizi pubblici di base come la salute, la previdenza, il trasporto e la proposta residenziale; senza contare i cambiamenti negli equilibri familiari e l'aumento di anziani soli, segmento della popolazione particolarmente debole e vulnerabile.
Da un punto di vista familiare, in Veneto sono circa 254mila gli anziani che vivono da soli, oltre un quarto del totale, mentre quattro su dieci vivono in coppia, senza figli perché nella gran parte dei casi già usciti dalla famiglia di origine. Gli anziani che vivono in contesti familiari stabili e potenzialmente più solidi sono quelli che abitano in coppia, con o senza figli, e con altri membri (20,2%). Non più in coppia, ma comunque con altri componenti come fratelli o più spesso figli, sono invece gli anziani che ricoprono la quota residua di famiglie (14,4%). (Figura 2.3.7)
In termini abitativi l'obiettivo dovrebbe essere quello di offrire case idonee alle condizioni degli anziani, prive di barriere architettoniche, inserite in contesti adeguati e accessibili da un punto di vista economico, considerando anche che l'orientamento delle politiche di assistenza è quello di favorire la permanenza della persona anziana nel proprio domicilio e riservare l'istituzionalizzazione solo ai casi non altrimenti assistibili. D'altra parte l'anziano stesso preferisce rimanere nella propria abitazione. Invecchiando, la casa diviene il centro della sua esistenza e, per i ricordi, i legami affettivi e le abitudini consolidate, difficilmente è disposto a lasciarla, anche se oramai troppo spaziosa o non più adatta alle sue condizioni. Invecchiando, l'anziano trascorre in casa gran parte del tempo, l'abitazione quindi dovrebbe rispettare standard qualitativi adeguati, specie nelle infrastrutture.
Anche la zona di residenza risulta rilevante: la posizione della casa e il contesto circostante incidono infatti sull'inclusione sociale degli anziani, consentendo loro di essere indipendenti, di mantenere i contatti sociali, di sentirsi attivi e parte di una comunità.
Dal punto di vista economico, poi, gli anziani rappresentano un segmento particolarmente vulnerabile della popolazione. In Veneto il 16,5% degli anziani è a rischio di povertà, molto di più della popolazione complessiva (9,7%); maggiormente esposte le donne anziane, costrette ad affrontare serie difficoltà economiche date le pensioni mediamente più basse: circa una su cinque è a rischio di povertà.
Il 27,4% delle famiglie venete con almeno un anziano arriva con difficoltà a fine mese, il 33% se si considerano gli anziani soli: questi a volte hanno serie difficoltà a comprare il cibo necessario (5,9%) o a pagare le spese mediche (9,3%). Per l'anziano solo anche le spese per l'abitazione risultano più impegnative, fino a incidere per un quarto del proprio reddito, e possedere la casa può diventare fonte di preoccupazione economica, piuttosto che uno status di ricchezza.
Anche più di una dimora
Nuove esigenze lavorative e di studio spingono sempre più persone ad adottare un modello di vita flessibile, che si adatti ai cambiamenti e alla crescente mobilità che caratterizza la vita nella nostra società. Anche per la residenza, i luoghi dell'abitare si moltiplicano quando necessità formative o lavorative richiedono di abbandonare provvisoriamente la famiglia di origine, per vivere con una certa regolarità in un comune diverso da quello solito di residenza. Studenti o lavoratori, che si dividono tra la dimora degli affetti e quella dell'impegno professionale e per questo definiti i "pendolari" della famiglia.
L'Italia meridionale presenta una più elevata propensione a questo tipo di mobilità rispetto al resto d'Italia, dove maggiormente si preferisce o si riesce invece a studiare o lavorare vicino a casa, a distanze che permettono un pendolarismo giornaliero senza dover vivere per alcuni giorni o per periodi più lunghi in un comune diverso da quello di residenza. Questa tendenza è osservabile anche nella nostra regione, dove il tessuto produttivo comprende molte aziende di piccole o medie dimensioni diffuse sul territorio, e dove le università sono protagoniste di fenomeni di decentramento in sedi succursali.
Più che studenti, la maggior parte sono lavoratori, specie maschi, comunque giovani non ancora con una famiglia propria e che continuano a mantenere la residenza nella casa dei genitori. Di questi, circa il 60% rimane comunque entro i confini regionali, fanno eccezione le regioni meridionali dove maggiore è la propensione a studiare o lavorare in altre regioni.
I pendolari della famiglia sono in Veneto il 6% di quanti lavorano o studiano, in linea con la tendenza media nazionale e di altre regioni del Nord, quali Lombardia, Friuli Venezia Giulia e Piemonte. (Figura 2.3.8)

Figura 2.3.1

Nuove abitazioni di edilizia residenziale autorizzate, popolazione residente e famiglie (numeri indice, base 2001=100). Veneto - Anni 2001:2009 (*)

Figura 2.3.2

Famiglie per tipologia. Veneto - Anni 1951:2010 (*)

Figura 2.3.3

Indicatore di accessibilità al mercato immobiliare per regione - Anno 2007 (*)

Figura 2.3.4

Mobilità interna alla regione per trasferimenti di residenza. Veneto - Anni 2000:2009 (*)

Figura 2.3.5

Distribuzione percentuale dei ragazzi di 18-34 anni per condizione familiare. Veneto e Italia - Anno 2010 (*)

Figura 2.3.6

Previsioni di crescita della popolazione e della popolazione anziana in Veneto (variazioni percentuali con base 2010) - Anni 2011:2030

Figura 2.3.7

Percentuale di anziani per condizione familiare e classi d'età. Veneto - Anno 2010

Figura 2.3.8

Persone che abitano con una certa regolarità prevalentemente in un comune diverso da quello di residenza per motivi di studio o di lavoro. Valori percentuali per ripartizione, Veneto e Italia
 
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Risposte ai quesiti

  1. Quale livello di urbanizzazione dell'area di residenza?

    I tre indicatori fondamentali utilizzati nel capitolo per misurare il livello di urbanizzazione di un'area sono:
    1. il grado di urbanizzazione dell'area (Regione, Paese) considerata, definito dalla distribuzione della popolazione per livello di urbanizzazione della zona di residenza, basso (P=0), medio (P=50), alto (P=100), e il corrispondente indice sintetico P del livello medio di urbanizzazione della popolazione residente, ottenuto come media ponderata dei valori di P con pesi le corrispondenti frazioni di popolazione;
    2. la densità della popolazione residente, vale a dire il numero di abitanti per Kmq, per comune e relativa variazione percentuale dal 1990 al 2010;
    3. la percentuale di superficie urbanizzata, considerando le aree occupate da insediamenti abitativi, produttivi e dalla viabilità sul totale della superficie territoriale, e relativi indici di variazione temporale.
    Con riferimento al grado di urbanizzazione, il Veneto si colloca a livello intermedio tra le regioni italiane, con un'alta prevalenza (55% nel 2010) di popolazione residente in zone a media urbanizzazione (Italia 40%, UE27 25%). Il livello medio di urbanizzazione del Veneto, considerando l'indice sintetico di urbanizzazione, risulta pari a 66 punti su 100, mentre in Italia è 64, nell'UE27 60, in Lombardia 81, in Trentino Alto Adige 38 e in Friuli Venezia Giulia 56.
    La quota di superficie urbanizzata era nel 2006 nel Veneto pari al 12,1% della superficie territoriale complessiva, con un incremento percentuale del 15% negli ultimi 23 anni (0,65% per anno, 0,89% per anno nel periodo 1983-1994), con valori provinciali che variano dal 9,3% di Vicenza al 25,6% di Verona (tasso annuo circa 1,1%; 1,4% nel periodo dal 1983 al 1994).
    I cartogrammi rappresentativi dell'indicatore "abitanti per Kmq a livello comunale" e relativa variazione nel ventennio 1990-2010 mettono in evidenza la centralità demografica dell'asse Verona-Venezia, per quanto riguarda sia i valori assoluti dell'indice nel 2010, sia gli incrementi percentuali nel ventennio.
    In sintesi si può dire che il Veneto è una realtà territoriale caratterizzata da un policentrismo reticolare: edilizia residenziale e non residenziale, con funzione soprattutto economica, non concentrate in un unico agglomerato urbano, ma distribuita in più centri di dimensione e importanza equilibrate.

  2. Quali fattori influiscono sulla domanda abitativa?

    Nel testo del capitolo sono richiamati i seguenti fattori: famiglia, stranieri, giovani, anziani, più di una dimora.
    Nel Veneto nel periodo dal 2001 al 2009 il tasso di crescita del numero di famiglie (17%) è stato doppio di quello delle persone (8,4%). Nel 1951 le famiglie allargate rappresentavano il 31% del totale delle famiglie, percentuale scesa al 6,5% nel 2010; viceversa nello stesso periodo le famiglie di una sola persona sono passate dal 7,5% al 27,1%.
    Un secondo fattore di pressione sulla domanda abitativa è associato alla presenza di stranieri: nel Veneto dal 2001 è triplicata, superando nel 2010 il mezzo milione di persone. Precarietà, sovraffollamento, mobilità e maggiore incidenza dell'onere per la casa rispetto al reddito percepito sono aspetti che caratterizzano spesso le condizioni abitative delle famiglie di stranieri.
    I giovani incontrano spesso notevoli difficoltà nell'accesso al mercato abitativo: disoccupazione, precarietà del lavoro, costi insostenibili per i canoni di affitto e per l'acquisto di una casa, barriere all'accesso al credito, scarsità di abitazioni economicamente accessibili sono fattori che condizionano pesantemente la scelta di iniziare un percorso autonomo di vita. Nel 2010 i giovani veneti di età 18-34 anni che abitavano ancora con la famiglia di origine erano il 63% dei maschi e il 50% delle femmine (in Svezia, rispettivamente 12% e 10%).
    L'allungamento della vita umana e la denatalità sono fattori che contribuiscono all'invecchiamento della popolazione, fenomeno che impone progressivi cambiamenti nelle politiche sociali, anche con riferimento alle condizioni abitative da garantire alla popolazione. Oggi nel Veneto le persone che superano i 65 anni sono quasi un milione (20% della popolazione): di questi più del 25% vivono soli, 40% vivono in coppia senza altri componenti. Dal punto di vista economico gli anziani rappresentano un segmento molto vulnerabile della popolazione. Un terzo degli anziani soli arriva con difficoltà a fine mese; per questi anche le spese per l'abitazione risultano più impegnative, fino a raggiungere il quarto del proprio reddito e possedere una casa può diventare fonte di preoccupazione economica, piuttosto che uno stato di benessere.
    Un altro fattore di pressione sul mercato abitativo è rappresentato dalle persone che studiano o lavorano in aree lontane dalla famiglia di residenza e che sono quindi costrette a vivere con una certa regolarità in un comune diverso da quello di residenza. Questi "pendolari della famiglia" sono in Veneto il 6% di quanti studiano e lavorano, in linea con la tendenza media nazionale e con quella delle regioni del Nord.